Zatik consiglia:
Iniziativa Culturale:

 

 

Armenia, un atroce Olocausto
che la Turchia non ammetterà

Da "La Padania" online del 30 ottobre 2004

Venezia - Il nome Talaat per la gran parte dell'opinione pubblica non signica alcunché, eppure questo .carneade. è senza ombra di dubbio uno dei piú atroci macellai che la storia dell'uomo abbia incontrato lungo il suo corso. Talaat, infatti, fu il ministro dell'Interno turco che nel 1915, durante il governo dei nazianalisti .Young Turks., organizzó scientificamente l'eliminazione di 1.500.000 armeni, praticamente i due terzi di questo popolo.

Per avere un'idea di chi sia stato Talaat basti ricordare che il suo giustiziere, Solomon Tehlirian (che lo uccise a Berlino nel 1921) venne assolto proprio in considerazione delle atrocitá di cui si era macchiato il ministro. C.è da chiedersi, dunque, per quale motivo il nome di Talaat evochi un punto interrogativo, mentre Stalin o Goebbels (due mostri con i quali il turco starebbe in degna compagnia) facciano immediatamente pensare all'orrore.

Una spiegazione illuminante la fornisce il professor Antonio Rigo, direttore dell'istituto .Venezia e l'Europa. che con la Fondazione Cini ha organizzato un convegno dedicato alla millenaria vicenda di armeni e turchi. «Il motivo per cui il genocidio armeno è pressoché ignorato - spiega - è dovuto al fatto che il primo non è stato punito. Il crimine, a dire il vero, venne immediatamente riconosciuto come delitto contro l'umanità, ma nel 1915 il mondo era in guerra e successivamente il genocidio armeno venne dimenticato. In questa vicenda, peró, si deve sottolineare che per la prima volta nella storia dell'umanitá si discusse di un simile orrore in termini giuridici».

Resta il fatto che i primi a non ammetterlo sono proprio i principali colpevoli, i turchi. «A differenza dei tedeschi - ammette Rigo - i turchi non si sono confrontati con il proprio passato. Ma devono farlo, perché ammettere il genocidio degli armeni é l'unico modo a disposizione per superare questo orrore. Lo devono fare anche perché esistono due votazioni del parlamento europeo, sul rispetto dei diritti umani, che non lasciano spazio ad alcuna intepretazione di come dovrá comportarsi la Turchia al riguardo, se vorrá far parte dell.unione europea».

Le testimonianze riportate durante il convegno sembrano però confermare che nel paese della mezzaluna la strada da percorrere è ancora molta. Lo si è visto anche durante il confronto tra l.armeno Ferhat Kantel e il turco Murat Belge, docente dell.università di Istanbul. Due persone che, a dispetto delle opposte origini, stanno dalla stessa parte e che con la loro testimonianza hanno fatto capire quante difficoltà comporti parlare del problema armeno in Turchia.

«Potete immaginare . racconta Kantel . cosa significhi essere armeno in un paese dove, a livello istituzionale, il leader del Pkk curdo venne definito con il massimo disprezzo .frutto di sperma armeno.. Sembra quasi regnare una paranoica sensazione di insicurezza nei confronti di qualsiasi cosa appaia destabilizzante per l.ordine costituito, non solo verso gli armeni, quindi, ma anche verso gli ebrei, gli omossessuali, le formazioni femministe».

Poi Kantel aggiunge un pensiero importante per tutti quei popoli vittime di soprusi e sopraffazioni. «Dopo esser stati per decenni . afferma . degli .invisibili., oggi gli armeni stanno cercando di ricostruire la propria identità attraverso la fusione di elementi sparsi, partendo dal cognome per giungere alla propria lingua».

Il turco Belge, racconta la propria esperienza di docente universitario per spiegare la rimozione dell.olocausto armeno. «Al termine di una lezione nella quale avevo fatto cenno ai fatti del 1915 - rammenta - alcuni studenti mi si avvicinarono per chiedere se era vero, se il genocidio degli armeni corrispondesse a realtà. Questo mi ha fatto pensare che in Turchia esistono milioni di brave persone che non sono a conoscenza dei fatti per ignoranza, ma purtroppo esiste anche un.ignoranza selettiva, quella di coloro che non vogliono ammettere la verità per nazionalismo o per altri motivi che non intendo neppure conoscere».

Belge, poi, collega l.Unione Europea con l.olocausto armeno. «Da noi . spiega: l'Europa è percepita come una grande occasione di democrazia, pertanto questa spinta verso l.unione europea crea opportunità molto favorevoli anche per l.ammissione del genocidio del 1915».

Le parole del professore turco fanno spellare le mani a una platea di stampo progressista, come lo è normalmente il pubblico di un qualsiasi convegno culturale, ma in realtà svelano due enormi contraddizioni: in primo luogo non si capisce quale interesse abbia l.Europa a far entrare in casa propria un paese come la Turchia, anche perché non c.è bisogno di sposarsi con qualcuno per insegnarli la democrazia.

L'altro punto oscuro del ragionamento di Belge consiste nell.abito utilitaristico di cui ha rivestito la questione armena: quant'è credibile, infatti, un.ammissione di colpa di un popolo quando essa venga provocata da fattori esterni (in questo caso dalla "democrazia" europea) e non da una dolorosa presa di coscienza nata da un autentico confronto con la propria storia e con i propri errori?

Non possono bastare le pur splendide note della nona di Beethoven per cancellare di punto in bianco un milione e mezzo di morti. Da notare che al peana europeo del turco Belge c'è stato anche qualcuno che non ha applaudito: l'armeno Kantel, per esempio.

Pier Luigi Pellegrin