Zatik consiglia:
Iniziativa Culturale:

 

 

051216 - il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad -, il silenzio sul genocidio armeno coinvolge ancora l'intera Turchia.
da AVVENIRE del 15-12-05

IL CASO
I fratelli Taviani stanno preparando la versione cinematografica de «La masseria delle allodole», il romanzo di Antonia Arslan che narra le stragi compiute dalla Turchia nel 1915 che provocarono un milione di vittime Armeni, il genocidio sarà un film

La scrittrice: «Un'altra occasione per far conoscere la verità Ma ad Ankara il negazionismo resta un pilastro dello Stato»

Di Edoardo Castagna

Se a negare la Shoah resta solo uno sparuto drappello di negazionisti alla David Irving - che però, da ieri, include anche il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad -, il silenzio sul genocidio armeno coinvolge ancora l'intera Turchia.
A lungo si è saputo poco o nulla di quel milione di vittime; ma, da una decina d'anni in qua, la verità si è imposta. In Italia un contributo decisivo è venuto, nel 2004, dal successo del romanzo di Antonia Arslan, La masseria delle allodole (Rizzoli), che tra poco diverrà anche un film: «Paolo e Vittorio Taviani - conferma la scrittrice - stanno finendo di scrivere la sceneggiatura e tra poco in Bulgaria dovrebbero iniziare le riprese. Sono molto fiduciosa: parlando con loro mi sono resa conto che hanno compreso profondamente il mio libro».
Ne La notte di San Lorenzo del 1982, dove descrissero la fuga degli abitanti di San Miniato davanti ai rastrellamenti tedeschi del 1944, i registi toscani si erano già cimentati con movimenti di massa, paura, persecuzioni. «Per questo mi sembra quasi una coincidenza di destini.
Credo che non ricalcheranno esattamente il mio romanzo; correttamente, perché si tratta di linguaggi diversi.
Ma alla fine anche il film andrà nella stessa direzione del libro: far conoscere la storia armena, non per fomentare odio ma per stimolare comprensione e conoscenza». Peccato che in Turchia parlare del genocidio resti vietato.
Domani inizierà il processo allo scrittore Orhan Pamuk, reo di aver ammesso che il suo Paese si macchiò del massacro di un milione di armeni. «Offesa all'identità turca», è il capo d'accusa.
Lo stesso dei processi in corso contro Ragip Zarakolu, il coraggioso editore che ha già pubblicato vari testi scomodi sul genocidio armeno e sul passato della Turchia.
Ma i processi - contro i quali si è mobilitato il Pen Club - non sembrano scoraggiarlo, tanto che ha già in preparazione la traduzione de La masseria delle allodole. La versione turca dovrebbe vedere la luce a fine 2006, in contemporanea c on la probabile data di uscita del film dei Taviani.
Prevedibile un riacutizzarsi delle polemiche e delle difficoltà, da parte di Ankara, di occultare ancora il massacro.
«Ma in Turchia il negazionismo - prosegue la scrittrice - è un fondamento dello Stato. Mustafà Kemal fu uno statista capace e non ebbe responsabilità nelle stragi, però edificò la Turchia moderna sopra alcuni tabù.
Soprattutto sulle pulizie etniche seguite al crollo dell'impero ottomano: gli armeni e gli assiri furono massacrati, i greci deportati, i curdi assimilati a forza».
La Turchia fatica a fare i conti con il proprio passato, ma per lungo tempo ha trovato un valido sostegno nel resto dell'Europa. Il Trattato di Losanna del 1922 riconobbe il fatto compiuto del nuovo Stato laico di Kemal e rinunciò all'idea di spartire le spoglie ottomane tra Francia, Italia e Gran Bretagna.
Il trattato mise una pietra sopra al passato: incluse le promesse di autonomia fatte ai curdi, e inclusa la memoria del genocidio armeno.
Il desiderio di collaborare con la nuova Turchia scoraggiò scomode rievocazioni e poi, dopo il 1945, l'enormità della Shoah fece cadere in completa ombra il suo precedente storico più diretto. «Eppure - nota ancora Antonia Arslan - tra le due vicende i punti di contatto sono molti.
Entrambi i genocidi furono pianificati a freddo, con un'organizzazione studiata, l'applicazione al massacro delle tecniche più moderne, la creazione di apposite "squadre speciali".
Analogie simmetriche a quelle che si riscontrano tra i sopravvissuti, dal senso di colpa per non essere morti insieme a tutti i propri cari al dolore del non essere creduti, una volta scampati all'orrore».
Nella Turchia di oggi i tabù storici stanno pian piano cadendo - si può dire "curdo" anziché "turco di montagna" - ma quello sul genocidio rimane attivo. «È un nervo scoperto, quasi che i turchi temano chissà quale vendetta.
Invece hanno davanti a sé la sfida della vera democrazia: accettare l'idea che il proprio Stato abbia sbag liato, accettare l'esistenza dei curdi, accettare i cristiani. Anche se, ormai, non rappresentano nemmeno l'un per cento della popolazione. Nel 1915 erano il 23 per cento.
A Istanbul restano sessantamila armeni; nell'interno, un solo villaggio, al confine con la Siria, abitato da trecento persone. Una vetrina per Ankara, mentre tutto il resto dell'Armenia storica è stato curdizzato o turchizzato».

V.V

 
Il sito Zatik.com è curato dall'Arch. Vahé Vartanian e dal Dott. Enzo Mainardi;
© Zatik - Powered by Akmé S.r.l.