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051027 - Egregio Presidente,
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siamo convinti che in questo periodo legato al trambusto di un imminente clima elettorale, le lettere che pervengono alla Sua attenzione hanno ben altra “caratura” rispetto alle semplici ma significative righe che troverà scritte su questo foglio. Ciò non toglie che nella veste di giovani impegnati, crediamo ancora fermamente che la Politica possa avere un’importante funzione nel decidere le sorti di un popolo. Soprattutto, poi quando le sorti di un popolo rappresentano direttamente il nostro avvenire.
Proprio per queste ragioni Le scriviamo, sia in veste di riconosciuto leader di un partito di destra, che dovrebbe rappresentare secondo il nostro avviso un solido baluardo delle nostre tradizioni e dei nostri valori, sia come capace Ministro degli Esteri, impegnato direttamente nella costruzione di solide basi per questa Europa ancora disorientata e da troppo tempo alla deriva politica.
Da qualche giorno abbiamo assistito all’apertura ufficiale delle trattative da parte dell’Ue per l’ingresso della Turchia, che a quanto sembra, non sarà comunque nelle condizioni di poter aderire prima dei prossimi dieci anni. Un arco temporale che può sembrare lungo e che, a prima vista, potrebbe distogliere l’attenzione da un atto politico che secondo il nostro avviso resta un evidente tentativo di suicidio politico. O meglio, potremo dire il tentativo è quello di abortire un’entità non ancora nata, e cioè la stessa Unione Europea. Crediamo moltissimo nelle identità, in un mondo che ci toglie quotidianamente saldi punti di riferimento e crediamo quindi che le stesse identità siano delle isole “felici” da tutelare, anche a costo di importanti sacrifici politici ed economici. Crediamo che valga la pena muoversi con un criterio di lungo periodo, teso più a difendere le prospettive di chi verrà, che non i facili guadagni di chi oggi decide.
Troviamo poi assurdo il contesto politico nella quale la Turchia si appresta ad avvicinarsi all’Europa. Pretende di non riconoscere uno degli attuali membri, Cipro, di cui una parte è paradossalmente occupata dal 1974 dalle forze armate turche. Registra ancora prigionieri politici detenuti nei carceri, elettroshock utilizzati negli ospedali, cariche pubbliche e militari negate ai cristiani. I diritti delle minoranze religiose in generale, infatti, non risultano a tutt’oggi garantiti
Ma non solo. I confini con l’Armenia sono chiusi e il genocidio perpetrato ai danni della popolazione armena nel 1915, nonostante le ripetute risoluzioni del Parlamento Europeo (1987-2005), non risulta ancora riconosciuto dalle autorità politiche turche, anzi chi ne parla, come di recente rischia di essere processato e condannato.
Senza parlare poi di cosa può significare l’integrazione della nostra cultura, purtroppo ancora senza una definita e forte identità, con una realtà, quella turca, profondamente diversa e di evidente matrice islamica. L’economia, inoltre, nonostante i molti vantaggi che possiamo riconoscere possa far scaturire in favore del sistema europeo, andrebbe certamente a ridurre ulteriormente i fondi europei destinati al nostro Mezzogiorno, con caratteristiche socio-economiche simili a quelle anatoliche.
Non vogliamo annoiarLa ulteriormente, pertanto in conclusione, La invitiamo Presidente, per tutte le ragioni contenute nella presente, a farsi carico di valutare attentamente la ferma posizione del Governo italiano sulla questione turca rivedendo il possibile ingresso che si prospetta nel lungo periodo, in favore di un partnerariato economico affinché si possa garantire la tutela delle tradizioni e della cultura dei popoli europei.
Con stima, I ragazzi di Gioventù Europea

V.V

 
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