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051024 - Arslan: la mia Masseria in film
dall'ADIGE del 24/10/05
Incontro con la scrittrice, ospite della Fidapa Est, che sta finendo il secondo romanzo e sta per cominciarne un terzo
Arslan: la mia Masseria in film
Per la regia dei Taviani. Lei: «Sarà un’altra cosa rispetto al libro»
«Sono stata in Armenia dove ero andata nel ’99. Ho avuto la percezione che le cose stiano a poco a poco migliorando. Ho notato un grande sviluppo del turismo, con molti visitatori italiani»


Solo il bastone accenna in parte alla sua età, il viso è quello di una bambola di biscuit di fine Ottocento, i capelli d’oro fino. E’ a Verona, alla SocietàLetteraria, ospite della Fidapa Est, presentata da Francesca Gaspari, la scrittrice e saggista Antonia Arslan per presentare il suo primo e arcinoto romanzo “La masseria delle allodole” (Rizzoli), un testo che grazie anche al passaparola dei lettori, ha scalato le classifiche e vinto vari premi, ultimo quello del Pen Club.
“Ho scritto il mio romanzo perché non potevo farne a meno” confessa Arslan.
“Quei personaggi, quelle persone dal destino incompiuto erano lì e mi hanno chiamata. Hanno voluto essere ascoltati.”
Le storie fantastiche, quasi delle fiabe, ma assolutamente vere, assorbite nell’infanzia sono diventate un testo dal solido telaio storico: il genocidio e la diaspora degli Armeni, e la scrittura ricca di sentimenti e sfumature che si dipanano come un ricamo in seta.
“E’ una prosa che ha le qualità della poesia” ha chiosato una delle socie della Fidapa, Peppina Monese, mettendo in rilievo come Arslan descriva i colori, soprattutto il rosso: quello delle rose, dei tramonti, del sangue.
In “La masseria delle allodole” l’autrice lascia largo spazio al profilo dei bambini.
Com’era lei da ragazzina, aveva già il sogno di scrivere?
“Ero una bimba un po’ prepotente, che leggeva e giocava moltissimo. Avevo una schiera di cugini minori di me e li comandavo tutti. Il sogno di scrivere… Più che un sogno era una determinazione:sapevo che l’avrei fatto.”
Si è laureata in archeologia, però, e poi si è dedicata alla docenza universitaria.
“Sì, volevo fare dapprima qualcosa di più scientifico, di più sicuro, di più concreto della scrittura.”
Ha esordito con la saggistica, interessandosi all’identità femminile.
“Certo, mi sono occupata soprattutto della ‘galassia sommersa’ delle scrittrici italiane tra Ottocento e Novecento.”
E poi ha riscoperto la sua matrice armena.
“E’ avvenuto anche attraverso la traduzione dell’opera del grande poeta armeno Daniel Varujan.”
Ora il suo romanzo “La masseria delle allodole” diventerà un film con la regia dei fratelli Taviani.
Pensa che si possa tradurre un libro così denso di sentimenti e di sfumature nel cinema?
“Il film sarà un’altra cosa, un’altra opera. Il romanzo è un atomo che dà origine ad un'altra creatura. Il film poi avrà la sua storia, la sua bellezza, i suoi personaggi forti. Non credo a quelli che fanno i film stando attaccati attaccati, alla lettera, ad un libro; il film è un’altra forma di espressione.
I fratelli Taviani si ispireranno al mio romanzo, parleranno del genocidio degli Armeni, per il resto mi affido a loro.”
Perché ha scelto i Taviani?
“Sono stati loro a scegliere me. Hanno letto il libro e mi hanno telefonato.”
E lei si fida di loro.
“Assolutamente. Ho rivisto, recentemente, in Armenia qualcuno dei loro film e mi sembrano proprio persone che hanno quel tipo di sensibilità.”
Lei collaborerà al film, scriverà la sceneggiatura?
“No, la sceneggiatura la scrivono i Taviani. Loro scrivono sempre le sceneggiature. E dopo lavoreremo insieme.”
In che modo?
“Mi manderanno la sceneggiatura e io la riguarderò. Ma sarà assolutamente opera loro.”
E’ appena stata in Armenia, come l’ha trovata, come ha visto la situazione?
“Ci ero stata una prima volta nel ’99, poi il giugno scorso e adesso perché mi hanno invitata a questo festival dell’amicizia italo-armena, organizzato dall’ambasciata d’Italia in Armenia. E devo dire che tra il ’99 e il 2005 ho constatato una grossa crescita, un fervore di iniziative nella capitale, la percezione che le cose stanno a poco a poco migliorando. Per esempio la crescita economica l’anno scorso è stata del cinque-sei per cento, la capitale sta venendo rinnovata. Poi soprattutto ho notato un grande sviluppo del turismo: tra l’altro ci sono un sacco di visitatori italiani.”
Dopo il genocidio e la diaspora come sarà il rapporto del popolo armeno con i vicini Turchi, responsabili dello sterminio?
“Se i Turchi si decidono a riconoscere questa pagina nera della loro storia, gli Armeni non chiedono altro di ricostituire i legami perché Turchi e Armeni hanno sempre vissuto insieme. Non si può dimenticare che ci sono secoli di vita in comune, di convivenza, ma questa lacerazione terribile del genocidio deve avere una sorta di riparazione, una scusa. Si tratta di una questione morale.”
Pensa che gli Armeni abbiano ritrovato una loro unità?
“Direi di sì. Certo coesistono i rapporti tra la Repubblica d’Armenia, che sono gli Armeni orientali, e quelli occidentali della diaspora, però quest’ultima sta aiutando molto la Repubblica d’Armenia. Singoli benefattori addirittura restaurano una piazza, ristrutturano la metropolitana, gente molto ricca che, però, dedica tutta la sua energia ad aiutare la Repubblica.”
Pur sparsi per il mondo pensa che gli Armeni abbiano a tutt’oggi delle solide tradizioni, una solida memoria comune?
“Questo senz’altro, sia perché sono sostenuti dal cristianesimo armeno, il cristianesimo apostolico, sia perché vantano tradizioni, scritture, artisti.
Possono contare su notevoli pittori e scultori eccellenti.”
La lingua si è conservata?
“Sì, si tratta di una lingua indoeuropea che si è evoluta come l’italiano dal latino.”
I suoi progetti?
“Finire il secondo libro che è una continuazione de ‘La masseria delle allodole’ e scriverne un terzo di cui ho già il titolo.”
Ce lo può confidare?
Antonia Arslan sorride, un sorriso aperto che ne illumina il viso da bambola di biscuit: “D’accordo! Si chiamerà ‘Autunno a Tudor City’ che è un quartiere di New York.”
Alessandra Milanese

V.V

 
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