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15.Dic.2021: Quadro istituzionale. Divisa tra la Russia e l'Impero turco nel corso dell'Ottocento, l'Armenia è stata una realtà politica indipendente dal 1918 al 1921.
Testo Legislatura 17ª - Dossier n. 67 Attiva riferimenti normativi Copia questo link Quadro istituzionale. Divisa tra la Russia e l'Impero turco nel corso dell'Ottocento, l'Armenia è stata una realtà politica indipendente dal 1918 al 1921. Poi è stata annessa all'Unione Sovietica da cui ha conseguito l'indipendenza nel 1991, in seguito a un referendum popolare. Secondo la Costituzione promulgata nel 1995 e riformata nel 2005, la Repubblica di Armenia (Hayastany Hanrapetoutyun) ha un sistema presidenziale e multi-partitico. Il Presidente della Repubblica (attualmente Serzh Sargsyan) viene eletto a suffragio universale diretto ogni cinque anni. Il Governo, presieduto da un Primo Ministro di nomina presidenziale, deve avere la fiducia del Parlamento. Il potere legislativo è affidato a un Parlamento unicamerale, l'Assemblea Nazionale (Azgayin Zhoghov), formata da 131 membri, in carica per un mandato di cinque anni, 41 dei quali eletti in collegi uninominali e 90 secondo un sistema proporzionale di lista con lo sbarramento al 5%. Politica estera. La politica estera armena è storicamente legata a un rapporto privilegiato con la Russia, la quale fornisce appoggio a Yerevan nel conflitto con l'Azerbaijan sul Nagorno Karabakh (v. infra) e fa da garante dell'equilibrio regionale nei confronti della Turchia che invece offre sostegno a Baku. La presidenza Sargsyan è stata fin dal primo mandato caratterizzata dalla volontà di creare una dimensione più autonoma della politica estera attraverso il tentativo di normalizzare i rapporti con la Turchia. Il protocollo sul ristabilimento delle relazioni diplomatiche e sullo sviluppo delle relazioni bilaterali firmato nel 2009 è rimasto però inattuato e permangono i dissidi sulla questione del “genocidio armeno” di cui ricorre quest'anno il centenario (v. infra). Su questa linea di apertura si pone anche il lungo negoziato che ha portato all'annuncio di un accordo di associazione con l'Unione europea comprensivo di un'area di libero scambio ampia e approfondita, che si sarebbe dovuto firmare nel novembre 2013 ma che è stato bloccato poco prima della sua sottoscrizione a causa della pressione esercitata dalla Russia. Il cambiamento di orientamento della politica estera nei confronti dell'Unione europea ha favorito l'adesione, operativa dal gennaio 2015, dell'Armenia all'Unione economica euroasiatica (UEE), insieme a Russia, Bielorussia e Kazakhstan. Se, da un lato, l’Unione dovrebbe comportare ricadute positive per le esportazioni armene garantendo altresì maggiori possibilità di emigrazione per la popolazione verso la Russia, dall’altro, la mancata inclusione del Nagorno-Karabakh nell’area di libero scambio e le non brillanti prospettive dell’economia russa, contribuiscono ad alimentare i dubbi espressi soprattutto dai partiti di opposizione circa la complessiva utilità di tale scelta per Yerevan. Rimane comunque sia da parte dell'UE che da parte dell'Armenia la volontà di continuare la collaborazione e di non disperdere i frutti maturati durante il negoziato che ha portato all'Accordo non completato. I rapporti con gli Stati Uniti sono amichevoli, mentre sono proficue le relazioni con l’Iran, paese ove risiede una vasta diaspora armena e con il quale Yerevan ha solidi legami culturali. Nell’ambito di una strategia di complementarietà, l’Armenia collabora con la NATO nel quadro dell’Individual Partnership Action Plan (IPAP) mirato alla modernizzazione delle forze armate armene e ad una loro maggiore interoperabilità con quelle dell’Alleanza, coerentemente con la Partnership for Peace. Questione del Nagorno Karabakh. La regione montana del Karabakh (Nagorno Karabakh) è stata storicamente un crocevia popolato da diverse componenti etniche (prevalentemente armeni, azeri, curdi), appartenuta nella storia a diverse entità statali (Armenia, Persia, Russia, Azerbaijan). I confini della regione furono ridisegnati negli anni '20 appositamente da Stalin, che la isolò dalla Repubblica Socialista Sovietica di Armenia includendola amministrativamente nell'Azerbaijan. Nel 1989 la maggioranza armena della popolazione scelse la secessione dall'Azerbaijan per riunirsi all'Armenia, innescando quel conflitto che provocò in totale oltre 30.000 vittime e un milione di rifugiati da ambo le parti. Dal 1994 viene rispettato formalmente un "cessate il fuoco", nonostante provocazioni e scontri da parte di ambo i contendenti. Aleggia costantemente la minaccia di una ripresa delle ostilità che potrebbe concretizzarsi in una azione di rivincita da parte dell'Azerbaijan, che di fatto si considera sconfitto nell'attuale status quo. I negoziati per la risoluzione del conflitto furono intrapresi sin dal 1994 dal c.d. Gruppo di Minsk, formatosi in sede OSCE e co-presieduto da Francia, Federazione Russa e Stati Uniti(1) . Questione del “genocidio armeno”. La commemorazione il 24 aprile del Metz Yeghern (“Grande Crimine”) perpetrato nel 1915 dall'Impero Ottomano ai danni della popolazione armena, cristiana, rappresenta un momento rappresentativo dell'unità nazionale dell’Armenia moderna. Il massacro armeno ha causato lo sradicamento della popolazione armena dal territorio storicamente abitato e la diaspora di varie comunità in altri continenti. La Patria storicamente percepita dagli Armeni è ben più ampia del territorio attuale dell'Armenia moderna. I Turchi ammettono che quest'operazione di “pulizia etnica” sia avvenuta e sia stata effettuata soprattutto per scongiurare che i gruppi rivoluzionari armeni favorissero l'avanzata russa durante la prima guerra mondiale, ma rifiutano di qualificarla come genocidio. Di conseguenza, la Turchia moderna di Ataturk si è potuta identificare con l’Anatolia. La storiografia ufficiale della Repubblica turca utilizza il termine tehcir (deportazione forzata) per descrivere il fenomeno che ha portato alla quasi totale scomparsa della popolazione armena dall’Anatolia. Pertanto la questione chiama in causa l'identità nazionale di entrambi i popoli ed ogni anno all'approssimarsi della ricorrenza le tensioni tra Turchia e Armenia aumentano(2) . Riguardo alla questione, distanti sono ovviamente le posizioni della Turchia e dell’Armenia dalla quale si distingue quella della diaspora armena per una maggiore intransigenza. La Turchia rifiuta l'etichetta di “genocidio” in quanto implicante una volontà predeterminata di sterminio e si dichiara disposta a costituire una commissione mista per approfondimenti storiografici sui fatti, con la partecipazione di studiosi stranieri. La Turchia aveva inizialmente posto come condizione preliminare per la normalizzazione dei rapporti bilaterali la rinuncia da parte del governo armeno alla pretesa del riconoscimento turco del “genocidio”, in parte recentemente attenuata. Episodi distensivi si sono registrati recentemente (il Ministro degli esteri Davutoglu a Jerevan nel dicembre 2013 ha definito “ inumana” la deportazione degli Armeni, mentre l’allora Primo Ministro Erdogan aveva espresso il suo cordoglio per le vittime “dei fatti di inizio Ventesimo secolo” nell'aprile 2014) tuttavia il processo di normalizzazione dei rapporti fra Armenia e Turchia non ha conosciuto una maggiore strutturazione. L’Armenia considera prioritari lo stabilimento delle relazioni diplomatiche e la riapertura del confine chiuso a partire dal 1993, a causa del conflitto per il Nagorno-Karabakh. La questione del riconoscimento del “genocidio” non costituisce per l'Armenia una condizione preliminare per il ristabilimento delle relazioni diplomatiche ma potrebbe essere affrontato successivamente a livello politico nell’ambito di una commissione intergovernativa. Tuttavia la recente richiesta (febbraio 2015) del Presidente Sargsyan al Presidente del Parlamento Sahakyan di non sottoporre a ratifica i Protocolli armeno-turchi del 10 ottobre 2009 sullo stabilimento di relazioni diplomatiche non rappresenta un segnale di distensione. La diaspora, che contribuisce con le proprie rimesse all'economia armena del Nagorno-Karabakh, si caratterizza per una maggiore intransigenza e nell'attività di lobbying per il riconoscimento del genocidio da parte di Governi e Parlamenti di vari Paesi. Per quanto concerne la posizione degli altri Paesi rispetto al riconoscimento del genocidio armeno, la più avanzata è la posizione della Francia, tradizionalmente paladina della difesa degli Armeni, che avendo già approvato nel 2001 una legge che qualificava il massacro armeno come genocidio, ha approvato nel gennaio 2012 un'ulteriore legge ad hoc allo scopo di punire chiunque negasse la natura di "genocidio", caducata dalla Corte Costituzionale francese un mese più tardi, con la decision n. 2102-647. La posizione prevalente degli altri Esecutivi (tra cui, Stati Uniti e Regno Unito) si attesta invece sul riconoscimento di deportazioni, massacri e crimini, senza però attribuire la qualifica di genocidio, ai sensi della Convenzione ONU sulla repressione del crimine di genocidio del 1948(3) . In Germania una risoluzione del 2005 del Bundestag ha riconosciuto deportazioni, annichilimento e massacri di Armeni, nonché il ruolo inglorioso svolto dal Reich tedesco che, pur essendo a conoscenza delle espulsioni organizzate, non ha fatto nulla per fermare le atrocità ed ha affermato l'impegno della Germania a promuovere la riconciliazione tra Turchi e Armeni. In Italia il “genocidio” è stato riconosciuto da alcuni Consigli Comunali (Milano nel 1997, Firenze e Venezia nel 1998, Roma e Belluno nel 2000, Torino nel 2012). In ambito parlamentare, la questione è stata più volte evocata. Il 16 novembre 2000 la Camera dei Deputati ha approvato una risoluzione in Assemblea che prendeva atto di una risoluzione del Parlamento Europeo che incoraggiava il Governo turco al riconoscimento del genocidio. La risoluzione in parola impegnava il Governo “ad adoperarsi per il completo superamento di ogni contrapposizione tra popoli e minoranze diverse nell'area al fine di creare le condizioni, nel rispetto dell'integrità territoriale dei due Stati, per la pacifica convivenza e la corretta tutela dei diritti umani nella prospettiva di una più rapida integrazione della Turchia e dell'intera regione nell'Unione Europea”(4) . La posizione del Governo italiano consiste nell'incoraggiare il dialogo tra le parti e l’approfondimento della ricerca storiografica, come previsto dagli stessi Protocolli sulla normalizzazione dei rapporti diplomatici tra la Repubblica di Turchia e la Repubblica Armena, sottoscritti a Zurigo il 10 ottobre 2009, i quali contemplano misure volte a pervenire a una lettura quanto più possibile condivisa degli eventi della prima guerra mondiale nell’impero Ottomano. Relazioni tra Turchia e Santa Sede in merito al genocidio armeno. Resta alta la tensione tra Turchia e Santa Sede dopo che Papa Francesco il 12 aprile 2015 ha ricordato il massacro degli Armeni (cristiani) "generalmente considerato come primo genocidio del Novecento". La frase, pronunciata durante una celebrazione liturgica del rito armeno in San Pietro per il centenario del martirio armeno, ha scatenato l'immediata reazione della Turchia che ha ritirato il suo ambasciatore. Nella nota emessa dall’ambasciata turca presso la Santa Sede si afferma che “Parlare di genocidio degli Armeni è una calunnia" in quanto "Il genocidio è un concetto giuridico. Le rivendicazioni non soddisfano i requisiti di legge; anche se si cerca di spiegarle sulla base di una diffusa convinzione, restano calunnie". Già nel 2001 Papa Giovanni Paolo II in una dichiarazione congiunta con il Patriarca e Catholicos armeno, Karekin II, aveva usato il termine “genocidio” per definire il massacro della popolazione armena avvenuto da parte dell’impero ottomano nel 1915-1916. Tuttavia, la scelta di Papa Francesco della sede e dell’occasione dell'affermazione, in un discorso pontificio durante una messa solenne in San Pietro per il centenario del massacro armeno, rappresenta una novità e ha effettivamente avuto un effetto immediato sulle relazioni tra Santa Sede e Turchia. Le polemiche di questi giorni lasciano presupporre che la questione riemergerà ancora durante le commemorazioni ufficiali in Armenia. Risoluzioni del Parlamento europeo sul genocidio armeno. Il Parlamento europeo -che ha riconosciuto il genocidio armeno già in una risoluzione votata nel 1987- ha approvato il 12 marzo 2015 una risoluzione sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2013 nella quale, in particolare per quanto riguarda il genocidio armeno, chiede a tutti gli Stati membri, in vista del 100° anniversario del genocidio armeno, di riconoscerlo e li incoraggia, insieme alle istituzioni europee, a contribuire ulteriormente al riconoscimento del genocidio armeno. Da ultimo, il Parlamento europeo ha approvato il 15 aprile 2015 una risoluzione sul centenario del genocidio armeno nella quale: valuta positivamente le dichiarazioni del presidente della Repubblica di Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, e del primo ministro della Repubblica di Turchia, Ahmet Davutoğlu, in cui porgono le loro condoglianze e riconoscono le atrocità ai danni degli armeni ottomani; incoraggia la Turchia a cogliere l'importante opportunità offerta dalla commemorazione del centenario del genocidio armeno per portare avanti gli sforzi volti a venire a patti con il passato, anche con l'apertura degli archivi, e a riconoscere il genocidio armeno; elogia il messaggio di Sua Santità Papa Francesco del 12 aprile 2015, che commemora il centenario del genocidio armeno in uno spirito di pace e riconciliazione; invita la Turchia a rispettare e realizzare appieno gli obblighi che ha assunto in materia di salvaguardia del patrimonio culturale e, in particolare, a effettuare in buona fede un inventario integrato del patrimonio culturale armeno e di altre culture distrutto o rovinato entro la sua giurisdizione durante il secolo scorso; invita l'Armenia e la Turchia a ispirarsi ad esempi di riconciliazione positiva tra le nazioni europee e a concentrarsi su un'agenda che metta in primo piano la cooperazione tra i popoli; esorta i due paesi a procedere alla normalizzazione delle loro relazioni, ratificando e attuando senza condizioni preliminari i Protocolli sull'istituzione di relazioni diplomatiche, aprendo la frontiera e migliorando attivamente le proprie relazioni, con particolare riferimento alla cooperazione transfrontaliera e all'integrazione economica; sottolinea che la tempestiva prevenzione e l'efficace punizione dei genocidi e dei crimini contro l'umanità dovrebbero figurare tra le priorità fondamentali della comunità internazionale e dell'Unione europea. Anche l’Assemblea politica del Partito popolare europeo, in vista del 100° anniversario del genocidio armeno, ha approvato il 3 marzo 2015 una risoluzione con la quale si condanna il genocidio armeno e si invita la Turchia a riconoscerlo. a cura di A. Mattiello 1) Il Gruppo include inoltre anche i seguenti stati: Bielorussia, Germania, Italia, Portogallo, Paesi Bassi, Svezia, Finlandia, Turchia e - naturalmente - Armenia e Azerbaijan. 2) Il nervosismo turco in vista del centenario del Metz Yeghern ha portato Ankara ad anticipare la commemorazione della battaglia di Çanakkale (Dardanelli) – di cui si celebra sempre quest’anno il centenario – al 24 aprile 2015 per distogliere l’attenzione internazionale dalle manifestazioni armene. Alla cerimonia è stato invitato anche il presidente armeno Serzh Sargsyan che ha tuttavia respinto l’invito. 3) Ai sensi della Convenzione ONU, per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale: a) uccisione di membri del gruppo; b) lesioni gravi all'integrità fisica o mentale di membri del gruppo; c) sottoposizione deliberata del gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; d) misure miranti ad impedire nascite all'interno del gruppo; e) Trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro. Il termine genocidio compare per la prima volta in uno scritto del 1944 del giurista Raphael Lemkin. 4) Risulta altresì assegnata l'8 maggio 2014 alla Commissione I della Camera dei deputati una proposta di legge (d'iniziativa Zampa ed altri) relativa alla “Istituzione della Giornata in ricordo del genocidio del popolo armeno” (A.C. 2114) il cui esame non è ancora iniziato

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