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07, Maggio. 2020 . Vahagen Norayr Dadrian la storia del Genocidio Armeno.
- STORIA DEL GENOCIDIO ARMENO
PREMESSA
Questo libro si propone innanzi tutto di esaminare il genocidio armeno della Prima Guerra Mondiale attraverso il vasto corpus sia dei documenti ufficiali turchi ottomani, sia dei documenti della Germania e dell’Austria imperiali, alleate politiche e militari della Turchia durante la guerra; in secondo luogo, esso intende sottoporre il genocidio ad un’analisi critica, a partire da una prospettiva storica. L’annientamento della popolazione armena dell’Impero ottomano appare in questa prospettiva come il punto culminante di un processo storico che implicava già la progressiva liquidazione degli Armeni, con metodi sempre più radicali. Sottolineando la dimensione storica del genocidio armeno, si mette in risalto la relazione di tale genocidio con la Questione armena. Questo metodo è conforme all’idea generale del libro: lo sterminio degli Armeni rispondeva alla volontà delle autorità turche ottomane di risolvere definitivamente la questione. In ultima analisi, sono le conseguenze genocidarie di questa volontà a costituire la chiave della vicenda, poiché esse permettono di capire tutte le altre questioni legate all’evoluzione e all’escalation del conflitto. Il fatto che si sia trattato di un annientamento totale è considerato come la prova stessa di una volontà genocidaria irrefutabile.
Fin d’ora è bene spiegare brevemente il termine di conflitto che viene preso in considerazione qui. Questo termine non deve lasciar supporre che si trattasse di una controversia tra due gruppi antagonisti suscettibili di essere messi alla pari in termini di risorse e di potere; esso designa piuttosto uno scontro imposto ad una minoranza assoggettata e vulnerabile da uno Stato imperiale potente, determinato in realtà a distruggere questa minoranza attraverso la dinamica terribile di una serie di provocazioni sapientemente messe in atto per portare alle estreme conseguenze il ciclo inevitabile dell’oppressione e della repressione. È qui che troviamo la profonda connessione tra l’evoluzione storica della Questione armena e la conclusione apocalittica di questo conflitto durante la Prima Guerra Mondiale, attraverso la perpetrazione del genocidio. Come spiegò fin dal febbraio del 1894 Paul Cambon – agguerrito ambasciatore francese a Costantinopoli – nella sua analisi incisiva delle origini e dell’escalation del conflitto turco-armeno, la risposta delle autorità centrali dell’Impero ottomano alle valanghe di querele e di petizioni presentate dagli Armeni nella speranza di liberarsi dall’oppressione, dalle ingiustizie e dai saccheggi nelle province, fu l’impiego di nuovi mezzi d’oppressione, ancora più violenti dei precedenti, con l’intenzione di provocare una conflagrazione estrema, destinata ad eliminare gli Armeni. In effetti, invece di porre rimedio in qualunque modo alle condizioni miserevoli della popolazione vittima, la Turchia, “con la sua ostinazione a mantenere in Armenia un vero e proprio regime di terrore, di arresti e violazioni, [sembrava] divertirsi a far precipitare gli avvenimenti…” (Paul Cambon, Resoconto storico della questione armena).
Il fatto che un autore s’immerga nell’analisi di un argomento tanto terribile, suscita spesso domande sulle sue motivazioni. Nutrivo grande interesse per la matematica e il suo rapporto con la filosofia; una conversazione casuale con uno dei miei professori dell’Università di Vienna, Friederich Kainz, mi ha portato su una strada diversa. Venendo a sapere che ero armeno, egli mi ha spinto a leggere I Quaranta Giorni del Mussa Dagh, il famoso romanzo di Franz Werfel, che era stato un tempo un suo condiscepolo. Werfel gli aveva confidato che la ragione principale per cui aveva scritto questo romanzo era la necessità d’informare il resto del mondo, e in particolare gli Ebrei, per mezzo della letteratura, dello spaventoso presagio che lo sterminio degli Armeni rappresentava. L’impatto di questo libro, tragico nella sua essenza, sul mio temperamento in via di formazione, fu immenso. Questo libro esponeva la configurazione asimmetrica di fenomeni come la pietà umana nello sconforto, la resistenza e l’eroismo contro la sorte avversa da una parte e, dall’altra, l’inesorabile crudeltà accentuata dall’indifferenza del mondo. Egli seppe orientarmi definitivamente e mi aiutò a concentrarmi su un campo ben preciso di ricerche, che possiamo chiamare la “vittimizzazione” di una collettività vulnerabile ad opera di un gruppo potente determinato a distruggerla. Sembra che, in certe circostanze, le idee possano avere ancora conseguenze reali.
Il presente libro è il risultato di decenni di lavoro.

Vahakn N. Dadrian

Vartanian

 
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