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29 Marzo 2020- iflessione del 27 Giu 2000 . Rifugiati politici Emmergenza permanente
Esposte dall’ Arch. Vahed Vartanian nella seduta del 27 Giugno 2000
Della Consulta Nazionale per l’ Immigrazione del Ministero degli Affari Sociali

RIFLESSIONI SULLO STATUS DEI RIFUGIATI POLITI ED IMMIGRATI PROFESSIONISTI
Durante gli anni del “miracolo economico” essere straniero rappresentava quasi un privilegio. Con la crescita delle tensioni politico-sociali, lo straniero comincia a diventare, a torto, la causa dei principali mali della società. Da quelli anni lontani, gli immigrati e soprattutto i rifugianti politici erano sempre attivi e non hanno mancato di contribuire positivamente alla soluzione dei problemi. La legge “Martelli” è stata la massima espressione di questa partecipazione diretta degli stranieri e rifugiati politici in Italia, anche se i sogni sono svaniti prima dell’alba. Infatti, è emersa, e man mano si è consolidata, la cultura di esclusione delle associazioni degli immigranti e rifugiati fino alla loro sostituzione con organizzazioni paternalistiche degli immigranti e rifugiati è estremamente desolante come si può notare dalla loro realtà qui sotto rispecchiate.
Associazionismo e rappresentanza:
I finanziamenti previsti per l’attuazione della Legge Martelli (Integrazione Accoglienza, Avviamento professionale, Cultura e lingua d’origine,…) sono finiti nelle organizzazioni italiane di vario tipo, proliferati di colpo, creando “Associazioni degli Stranieri”, con evidente risultato di un crescente assistenzialismo paternale, con mezzi istituzionali, da un lato, ed appiattimento culturale ed associativo, per mancanza di mezzi e spazi, dall’altro.
Consulta Nazionale per l’immigrazione
Nell’attuale Consulta Nazionale per l’immigrazione presso il Ministero degli Affari Sociali, sono presenti circa 50 associazioni per gli stranieri, in stragrande maggioranza italiane. In questi anni di attività della Consulta, non è riscontrabile alcuna elaborazione di proposte avanzate dagli stranieri e dalle loro associazioni.
Questo insuccesso è dovuto alla mancanza di una adeguata rappresentanza degli immigrati e rifugiati e loro associazioni in seno alla Consulta. Infatti, mentre ogni organizzazione italiana per gli stranieri dispone di un rappresentante, Il Forum delle Comunità Stranieri in Italia, composta da 18 associazioni di diverse nazionalità degli immigrati e rifugiati politici, non può che disporne di uno solo!
Consulte presso gli Enti Locali
Dal 1994 la Consulta della Regione Lazio è paralizzata mentre quella della Provincia di Roma è stata chiusa nel 1996 per le dimissioni del presidente della consulta presieduta dalla rappresentante della UIL, malgrado la Direttiva europea n° 203/92 che ne chiedeva l’incentivazione e la crescita. La dissoluzione mirata della Consulta avveniva nel momento in cui le associazioni stranieri ponevano il problema di fondi destinati, da anni, alla lingua e cultura d’origine ma mai erogati perché spesi del altre attività. L’assenza di interlocutori istituzionali ha favorito ulteriore confusione e perdita di vista della differenza sostanziale, da un lato, tra un rifugiato politico ed un immigrato, e dall’altro, tra la natura dei problemi professionali e previdenziali e “l’emergenza”. A pagare maggiormente sono le associazioni degli immigrati, in generale, e rifugiati politici, in particolare.
Rappresentanza dei rifugiati politici
Cosa dire del C.I.R., (Consiglio Italiano per i Rifugiati ), che pretende di rappresentare tutte le associazioni dei rifugiati politici e loro rivendicazioni e di agire in loro veste?!
Cultura e lingua d’origine
Sempre dal 1992, gli stanziamenti regionali destinati alle scuole di lingua d’origine, organizzate dalle associazione di immigrati e rifugiati iscritti all’Albo Regionale, sono stati bloccati da parte della Regione Lazio e dalla Provincia di Roma e sono stati spesi per altri fini. Le poche scuole sopravvissute, sono gestite con grandi sacrifici e auto tassazione tra le comunità straniere. I rifugiati politici ed immigrati proveniente dai paesi dispotici ed immigrati proveniente dai paesi dispotici constatano con amarezza che le istituzioni democratiche Italiane, con eliminazioni di fondi per la “Cultura e lingua d’origine”, impongono, di fatto, che i loro figli debbano scegliere tra la rinuncia alla lingua madre e l’istruzione alienante impartita dalle loro ambasciate.
Legge Martelli, sue modifiche successive
Le modifiche peggiorative alla legge Martelli hanno aggravato la situazione già precaria, con continue sanatorie che hanno solo creato un’emergenza permanente. Il rapporto dell’00immigrato e il rifugiato con le istituzioni e le associazione si è ridotto alla questione del permesso di soggiorno e del miraggio di una sanatoria. Strutture di vario tipo che si prefiggevano il compito di accoglienza, inserimento, cultura d’origine e quant’altro previsto dalle leggi in materia, non hanno potuto operate nei contesi sopra citati perché sommerse da Circolari interpretative contraddittorie che limitano e riportano ogni azione alla sola “emergenza” Questo clima ha solo favorito un incentivo permanente di ingressi clandestini, bloccando la libera di circolazione del turismo e delle persone proveniente da paesi non comunitari L’esaurimento imposto all’associazionismo degli immigranti e rifugiati non ha certo favorito la conoscenza reciproca e il confronto.
Professionisti di origine non italiana
-Ricatto della “reciprocità”
L’aspetto più negativo delle modifiche alla Legge Martelli è la limitazione dell’attività professionale degli immigranti e rifugianti politici con il pretesto della “reciprocità”. Una categoria di professionisti che si sono laureati in Italia, e spesso iscritti negli albi professionali, hanno subito delle discriminazione laceranti per il fatto di non poter, da oggi a domani, esercitare la propria professione per la mancanza di “reciprocità” tra il paese di provenienza e l’Italia. Questa discriminazione, viene imposta persino nei confronti dei rifugiati politici, professionisti laureati Italia e lavoratori autonomi. L’applicazione della “reciprocità” nei confronti dei professionisti rifugiati, mette questo paese con istituzione democratiche allo stesso livello dei paesi sottosviluppati. La barriera della “reciprocità”, già abrogata dalla legge Martelli nel 1990 ma poi reintrodotta con una Circolare, due anni dopo, ha causato danni irreparabili ai soggetti, ma il loro inserimento professionale e previdenziale. I casi pregressi non potranno essere risolti senza una legge adeguata di transizione. Molti professionisti in spazi limitatissimi a loro disposizione, hanno sempre sollevato i problemi concernenti la loro situazione.



Leggi la seconda parte dell'intervista
http://www.zatik.com/intervista-vahe2.asp
Esposte dall’ Arch. Vahed Vartanian nella seduta del 27 Giugno 2000

Della Consulta Nazionale per l’ Immigrazione del Ministero degli Affari Sociali
RIFLESSIONI SULLO STATUS DEI RIFUGIATI POLITI ED IMMIGRATI PROFESSIONISTI



SECONDA PARTE


Ingiustizia subita da normative retrograde


Nei matrimoni misti, la donna italiana perdeva d'ufficio, insieme alla propria nazionalità, tutti i diritti acquisiti: dal posto di lavoro, alla previdenza sociale... ai titoli e ai concorsi vinti. Il suo stato civile veniva equiparato a quello del marito, rifugiato politico o immigrato. La coppia, ormai non più mista ma straniera, senza diritto a nessuna forma di lavoro, doveva dimostrare rimesse valutarie provenienti dall'estero per sussidio ad ogni rinnovo del proprio foglio di soggiorno! Dal 1975, la Legge sulla Famiglia n°151, consentiva, limitatamente alla coniuge "ex italiana" di riacquistare la cittadinanza originaria, senza, peraltro, ri-accedere ai diritti acquisiti e maturati prima del matrimonio.
Il coniuge straniero, rifugiato o immigrato che fosse, doveva attendere il 1983 per avere il diritto alla richiesta della cittadinanza italiana in base alla Legge n°123/83, l'unico modo per accedere al mondo del lavoro. Il coniuge, nelle famiglie miste con presenza di rifugiati o immigrati, accede al diritto al lavoro dipendente dal 1986 Legge n°943/86. Con la Legge Martelli, nel 1990, veniva, finalmente riconosciuto il diritto d'asilo politico in Italia, senza limitazione geografica. Grazie a questa legge, solo per due anni, rifugiati politici ed immigrati potevano accedere alla libera professione e al lavoro autonomo. Infatti, nel 1992, la mostruosa barriera di "reciprocità" annulla questa possibilità civile con una Circolare Ministeriale.
CONCLUSIONE
Una prima risposta ai problemi sopra elencati è possibile attraverso leggi regionali per l'immigrazione, in recepimento della Direttiva Comunitaria n°203/92.
Per quanto riguarda la Regione Lazio, è necessario operare come segue:
- Associazioni degli stranieri
Incentivare la creazione delle associazioni degli stranieri e la messa a disposizione di spazi, sedi, strutture, materiali,....., strumenti indispensabili per la loro visibilità, crescita e per l'inserimento in una società multi culturale, multi etnica ed europea.
- Riforme regionali per istituire delle Consulte
Attivare le Consulte locali e vivacizzarle con una rappresentanza, almeno, paritaria tra gli italiani e gli stranieri. (La D.E. 203/92 precisa che le Consulte presso gli Enti locali siano elettive e costituite dalla sola rappresentanza straniera).
- Provvedimenti urgenti per i casi pregressi
Per evitare che casi pregressi siano ulteriormente discriminati rispetto alla attuale situazione, occorrono incentivi e provvedimenti legislativi transitori per risanare le situazioni di ingiustizia sociale e i diritti pregressi alienati, come segue:
- Prevedere quote di inserimento nelle strutture pubbliche, come sono previste per quelle categorie deboli degli italiani o tipo quei provvedimenti che sono stati adottati per i profughi italiani provenienti dalla Tunisia e dalla Libia nel 1963.
- Attuare i dettami della Convenzione di Ginevra.
- Facilitare la ricostruzione dei periodi previdenziali alienati alle lavoratrici italiane che hanno perso la cittadinanza e il lavoro a causa del matrimonio con rifugiati o immigrati.
- Facilitare ai rifugiati politici la ricostruzione di periodi previdenziali rimasti scoperti a causa della famigerata "reciprocità".
- Garantire certezza al diritto d'asilo, finora carente, a causa di inadempienze nella gestione delle convenzioni internazionali, delle inefficienze dei servizi e delle semplificazioni delle problematiche, convogliate, a torto, in uno stato di "emergenza" permanente.

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