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050905 - Il formaggio dei pastori armeni a Bra
Il formaggio dei pastori armeni. Saranno una delle comunità di Terra Madre ospiti di «Cheese», dal 16 settembre a Bra -Di Carlo Petrini
AL prossimo 16 settembre, in occasione di Cheese, le strade e le piazze di Bra torneranno ad essere animate da bancarelle di produttori di formaggio provenienti da ogni parte del mondo. Tra questi ­ ecco la novità della nuova edizione ­ ci saranno i rappresentanti di alcune comunità del cibo di «Terra Madre» che lavorano il latte. Dall’Armenia, piccola repubblica del Caucaso stretta tra Turchia, Georgia e Azerbaigian, arriverà la comunità dei produttori di formaggio di capra di Aragatsotn. Questa terra, uscita dalla guerra con il vicino Azerbaigian nei primi Anni Novanta, sta vivendo una realtà difficile carica di pesanti strascichi post-bellici. Il conflitto ha infatti lasciato in eredità una cronica carenza di energia per rimediare alla quale sono state inferte all’ambiente profonde ferite. Gli abitanti sono stati costretti a rinunciare al loro patrimonio boschivo e ad abbattere le piante per procurarsi l’energia necessaria alle attività quotidiane. L’economia ruota attorno alla lavorazione della terra con alcune produzioni che, a dispetto delle difficoltà, rimangono di eccellenza: alberi da frutta e pastorizia. Nella valle dell’Ararat, luogo biblico in cui l’Arca di Noè avrebbe trovato approdo sicuro dopo il diluvio universale e dove i frutteti cedono il passo ai pascoli, si continua a produrre, secondo una tecnica antica, il Motal, formaggio caprino stagionato nel coccio e primo presidio armeno. Le pecore pascolano in libertà e solo la sera rientrano nei recinti di pietra per trascorrere la notte. Il latte è lavorato appena munto, quando è ancora tiepido, senza essere fatto scaldare. Dopo avere scolato la cagliata, questa è riposta in un contenitore dove rimane per quaranta giorni sotto sale. Conclusa questa prima fase, si ricomincia la lavorazione, aggiungendo al formaggio erbe di montagna, tra cui menta e timo. Solo a questo punto la pasta aromatizzata è inserita nelle anfore di terracotta per portare a termine la stagionatura all’interno di cantine fresche e asciutte. Nonostante la semplicità della tecnica, non sempre il percorso di maturazione giunge a conclusione. In primo luogo, in una situazione di crisi economica generale, i pastori sono costretti a vendere il formaggio in qualunque momento, a seconda della necessità. Altro problema, non indifferente, è quello di acquistare i cocci per la maturazione. In una terra dove non solo il formaggio è conservato nelle anfore (anche il vino, i cereali e altri alimenti), la lavorazione della terracotta è stata fino a pochi anni fa una delle attività più tipiche dell’artigianato locale. Ciò nonostante, una presunta modernità ha cancellato anche questa tradizione. Sono pochi gli artigiani che continuano a praticare il mestiere di vasari e i prezzi dei cocci sono diventati proibitivi per i pastori. Per consentire al formaggio di non sparire del tutto, si stanno provando a migliorare le condizioni sanitarie in cui avviene la lavorazione, in modo da avere libero accesso ai mercati internazionali. Inoltre, si sta cercando di dare soluzione al problema del costo dei vasi: alcuni giovani stanno imparando a produrli, aumentandone l’offerta. Quando arriveranno in Italia, i pastori armeni andranno in visita a Valcasotto (Cn), ospiti del caseificio Occelli,e al Presidio Slow Food della Robiola classica di Roccaverano per conoscere le tecniche di stagionatura praticate sui nostri monti e sperimentare nuove forme di cooperazione utili alla salvaguardia dei formaggi della tradizione in ogni parte del mondo.
> SOSTIENE CARLIN c.petrini@slowfood.it
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V.V

 
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