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"La Repubblica" in edicola oggi, 13 aprile 2011.- sull'Armenia di Cristina Nadotti
vi segnalo il servizio sull'Armenia di Cristina Nadotti pubblicato nell'inserto Viaggi del quotidiano "La Repubblica" in edicola oggi, 13 aprile 2011.al sito di Repubblica una bella raccolta fotografica http://viaggi.repubblica.it/multimedia/armenia-sotto-il-tetto-dell-ararat/29177942/4/1

Il reportage riporta anche l'emozionante testo di Antonia Arslan, autrice del bestseller "La Masseria delle Allodole", pubblicato come prefazione alla guida
"Armenia e Nagorno Karabakh" di Nadia Pasqual (Polaris Editore, 2010).

Cordiali saluti,
Nadia Pasqual

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SCOPERTE
Armenia, nel segno dell'Ararat di Cristina Nadotti
Monasteri, villaggi, mercati. Un altopiano affascinante dominato da una montagna regina. Un piccolo paese segnato dal passato, il cui presente è una piacevole sorpresa
L´acrobata cammina sul filo, passeggiando sulle nuvole pare che riesca a raggiungere l´Ararat. Il piccolo circo da strada, composto da un funambolo, un
pagliaccio e tre musicisti, ferma le auto dei turisti che da Yerevan sidirigono verso Zvartnots, il sito patrimonio Unesco con la cattedrale del VII
secolo, dedicata a San Gregorio, patrono dell´Armenia. È la prima tappa del viaggio eppure c´è già tutto: il monte biblico che incarna il continuo anelito
di questo Paese caucasico verso terre che non ha più, la struggente bellezza diuna natura che nei suoi colori primaverili ancora lascia trapelare la rigidità
dell´inverno, le rovine dei luoghi di culto adibite a fortezze da un popolo costretto dalla storia a tenersi in equilibrio per non cadere nel baratro.

Non si può non cominciare dall´Ararat, il monte sacro agli armeni, ora in territorio turco. Le sue cime imbiancate si vedono, in pratica, da ogni punto
del Paese e sono la prima cosa che vi indicano. La partenza per le escursioni da Yerevan, da cui si possono raggiungere con gite di un giorno quasi tutti i
siti più interessanti, vengono spesso stabilite a seconda della migliore luce per ammirare il monte, una presenza ingombrante nella vita degli armeni, ai
quali ricorda di continuo la grandezza che non c´è più e le sofferenze patite.
Anche il memoriale del genocidio, sorto su una collina della capitale -
Tsitsernakaberd, "la collina delle rondini" - per ricordare lo sterminio di circa un milione e mezzo di armeni ad opera dell´impero ottomano tra il 1915 e
il 1922, per quanto formato da stele ricorda nel complesso la forma del monte, questo aspirare al cielo e alla religione per ribadire la propria identità.

È piccola l´Armenia, un fazzoletto di terra poco più grande del nostro Piemonte, ma un viaggio di una
settimana basta a malapena per vedere i siti più belli e lascia molta curiosità per una storia e una cultura tanto più affascinanti quanto più insieme vicine e
aliene alla nostra. Nei monasteri di Khor Virap, luogo simbolo della conversione della nazione al Cristianesimo, nella distesa degli oltre 900
esemplari di khatchkar - le croci scolpite nella pietra - a Noraduz presso illago Sevan, nella processione che ogni domenica mattina il Patriarca Supremo della Chiesa Apostolica Armena fa a Echmiadzin, la religiosità è quella del cristianesimo, coniugato in forme più vicine a quelle della simbologia
ortodossa. Però nei villaggi sperduti e nelle comunità rurali è forte l´atmosfera orientale, e seppure l´Islam non sia mai penetrato davvero sipercepisce chiaramente la sorta di assedio culturale subìto nel corso dei secoli dall´Armenia.

E poi, dagli anni Venti al finire del Novecento, c´è stato il controllo sovietico, fatto di industrializzazione e tentativi di sopire l´anelito
religioso e nazionalista degli armeni. Con scarsi risultati. Le ferite lasciate dalle fabbriche chimiche e dai quartieri popolari voluti da Mosca sono ben
visibili e sono, per gli appassionati, un ottimo esempio dell´architettura industriale del comunismo e della rapidità con cui ogni avamposto imperialista
fu abbandonato, tuttavia la peculiarità della antica cultura armena è preponderante, esibita nello splendido Matenadaram, grande biblioteca dei
manoscritti, a Yerevan, fondata, non a caso, in piena era sovietica. Gli oltre 17mila testi, dei quali la maggior parte in lingua armena, un idioma di
derivazione indoeuropea con un alfabeto proprio, sono la testimonianza dell´importanza dell´antica Armenia e della voglia della nuova Armenia di non dimenticare il passato.

Ma poco distante dalla culla della tradizione c´è la Yerevan contemporanea, con i suoi quartieri commerciali, il Cafesjian Center for the Arts, dove il
miliardario americano di origine armena Gerard L. Cafesijian - uno dei tanti della diaspora che non dimenticano la terra di origine - ha trasformato la
vecchia scalinata sovietica in un centro d´arte internazionale, circondato da locali alla moda dove si suona il jazz e non si sente più il suono del
tradizionale duduk. Basta però soltanto un´ora d´auto per arrivare a Gyumri e perdersi nel vecchio mercato, oppure andare verso Est, al lago Sevan, e fermarsi in uno qualunque dei villaggi di montagna dove la gente ti fa entrare nelle casupole e ti offre formaggio di capra e lavash, il pane tipico. Ovunque,un monastero da visitare, i resti di un caravanserraglio dove fermarsi ad ammirare una vallata in piena fioritura e qualcuno che ti si avvicina per indicarti l´Ararat.
http://viaggi.repubblica.it/multimedia/armenia-sotto-il-tetto-dell-ararat/29177942/5/1

G.C.

 
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