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Ma ci vuole chi sappia uscire dall’indifferenza Uno degli alberi dei giusti - piantati nel Giardino di Yad Vashem, a Gerusalemme, che ricorda coloro che, nella seconda guerra mondiale, hanno aiutato concretamente gli ebrei perseguitati - ha profonde radici in quel di Meolo, nel veneziano. Radici che riportano alla figura di Emilia Marinelli Valori (originaria della Toscana col marito Marco), che durante la guerra diede protezione nella sua casa a numerose famiglie di ebrei, salvandole dalla deportazione, e anche ad alcuni partigiani; mentre suo figlio Leo, diciassettenne, operava nei gruppi di collegamento fra le diverse formazioni della Resistenza nel Veneto. L'altro figlio aveva pochi anni (era nato il 27 gennaio del 1940), ma di quel periodo e quelle gesta ha tratto memoria vivissima grazie ai racconti della madre (scomparsa nel 1988, dieci anni prima che a Gerusalemme piantassero il suo albero della memoria), e naturalmente del fratello Leo. E su quei lontani episodi egli ha costruito una piccola produzione letteraria, ora arricchita dal nuovo libro "I giusti in tempi ingiusti" (Ed. Rizzoli), che viene dopo le precedenti prove "Il gigante David - Ben Gurion tra mito e realtà", "La pace difficile - Angosce e speranze in Medio Oriente" e "Un albero per la vita", oltre a numerosi altri titoli relativi soprattutto alla politica internazionale e all'economia: perchè quel piccolo figlio dei tempi di guerra, non è una persona qualunque, ma un manager importantissimo, anzi, secondo alcuni, uno degli uomini più potenti d'Italia: Giancarlo Elia Valori. Per raccontare chi è Valori - e soprattutto gli incarichi ricoperti e le onorificienze acquisite in tutto il mondo in almeno un quarantennio di attività da protagonista sulla scena pubblica - ci vorrebbe un libro a se stante: una sua biografia, aggiornata a tre anni fa, riportava otto lauree honoris causa, quattro docenze universitarie straordinarie (da Pechino a Buenos Aires, a Sydney) e oltre una ventina di grandi onorificienze internazionali, dalla francese Legion d'onore ai cavalierati italiano, spagnolo, argentino e cileno, dalla medaglia dell'Unesco (di cui è anche ambasciatore) ai diplomi d'onore di istituzioni quali l'Accademia delle Scienze francese, l'Ordine di Malta, l'Ordine d'Australia. Per non dire dell'elenco sterminato di presidenze e consigli di amministrazione, delle amicizie con molti dei potenti della terra, ma soprattutto del ruolo strategico da lui giocato in numerosi passaggi decisivi della storia economica e politica recente nel nostro paese. Valori è stato dirigente Rai e collaboratore del Fondo Monetario Internazionale e dell'Onu, presidente della Sme (di cui ha gestito la privatizzazione) e della Società Autostrade, presidente di Blu (il quarto gestore della telefonia mobile) e dell'Associazione europea dei concessionari di autostrade, dell'Associazione culturale Italia-Francia e dell'Associazione industriali del Lazio. Tutte queste cariche, ovviamente, si portano dietro relazioni importanti (dai più alti gradi del Vaticano a Isaac Rabin ai dirigenti cinesi) ma anche incontri "ingombranti", da Peron a Licio Gelli, con cui però finì per litigare dopo aver mancato la sfida di far dialogare cattolicesimo e massoneria. É un fatto però che Valori, il quale vanta una lunga lista di amicizie bipartisan (Cossiga come Rutelli e D'Alema, ma non Prodi) è uno dei pochi potenti della Prima Repubblica ad essere passato praticamente indenne attraverso la bufera di Tangentopoli e a ripresentarsi nella Seconda con lo stesso (o maggiore) potere di prima. Ma poi c'è questo secondo aspetto della sua vita, simboleggiato, ricorda il manager, dalla frase che gli diceva sempre la madre, a cui recentemente è stata intitolata l'aula magna dell'Università Lumsa di Roma: «Non ti devi chiedere: mi conviene? Ti devi chiedere: è giusto?». Un'alternativa, quella fra giustizia e convenienza, che si direbbe non sempre in contraddizione, visti i successi della carriera del manager. E a questo senso della giustizia che si mette concretamente all'opera - e nel salvare un uomo salva in mondo intero, come recita un proverbio ebraico - è dedicato il nuovo libro di Giancarlo Elia Valori, arricchito dalle importanti prefazioni di Rita Levi-Montalcini, del portavoce del Governo d'Israele Avi Pazner e del Premio Nobel Shimon Peres. L'analisi, che nei libri precedenti si incardinava sulla Shoah, nei suoi ligi esecutori e nei suoi coraggiosi oppositori, si estende stavolta a tutti i molteplici genocidi che hanno insanguinato il secolo scorso, dall'Armenia ai gulag sovietici, dalla Cambogia di Pol Pot alle pulizie etniche in Ruanda, Bosnia e Kossovo, fino ad arrivare alla recente escalation del terrorismo, con l'11 settembre, Madrid, Londra. É all'intero "secolo dei massacri", dunque, che ora Valori applica la sua "storiografia dei giusti": per dimostrare che anche in questo scenario tragico ci può, anzi, ci deve essere uno spazio (e un adeguato riconoscimento) per coloro che sanno uscire dall'immensa zona grigia delle persone che «tollerano e non condannano» il male. Ma perchè il rischio che essi si prendono in questa loro azione sia fecondo, e riesca a fornire un contributo concreto per battere i mostri dell'odio e del terrore (che rinascono sempre come dimostra il ritorno dell'antisemitismo in Europa), deve porsi una condizione precisa: che si alimenti la cultura della memoria, per trasmettere la voce dei testimoni tra le generazioni e richiamare continuamente «il valore fondante dell'etica della solidarietà». Un impegno, questo sì, a cui possiamo contribuire tutti noi, senza doversi trasformare in eroi. E a queste condizioni si potrà pure avverare un sogno impossibile: che la pace torni a transitare per Gerusalemme. S.F. Edizione del 18/7 : 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 Edizione Odierna : 1 2 3 4 5 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 Nazionale Bassano Belluno Udine Padova Pordenone Rovigo Treviso Venezia VicenzaIl Gazzettino oggi La storia Le redazioni La pubblicità Il Gazzettino On Line 1999 - Informazioni sul sito

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