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Iniziativa Culturale:

 

 

LA VOCE CHE RESTA -Canzone per Neda e per le sue sorelle . Asso. ALEFBA
L’Associazione culturale italo-iraniano Alefba
In collaborazione con la Compagnia teatrale Eraora
presenta "LA VOCE CHE RESTA "
Canzone per Neda e per le sue sorelle


di Magali Steindler

poesie di Forugh Farrokhzad

con

Alessia Berardis, Raffaella Da Rin, Monica Grant, Gianluca Mastronardi, Simona Pettinari, Magali Steindler, Daniela Tamburrino

Coreografie

Simona Pettinari

Musica dal vivo (daf)

Shide Fazaee


Luci

Davood Kheradmand


Suoni

Payam Shahidsales


Scene

Calaveras


Regia

Magali Steindler


TEATRO COLOSSEO, Via Capo D’Africa, 29 – 00184 Roma
Venerdì 2 luglio 2010 ore 21.00

Per informazioni e prenotazioni: 349.4657162


LA LA VOCE CHE RESTA

Canzone per Neda e per le sue sorelle


È solo la voce che resta, scrive Forugh Farrokhzad in una delle sue indimenticabili poesie. Neda vuol dire voce. Neda amava cantare. Ma Neda non c’è più. È morta, il 20 giugno del 2009. È morta, uccisa da un cecchino in una delle strade di Tehran piene della voce dei cittadini che gridavano il loro diritto ad essere ascoltati, a decidere, a esistere. È morta, e come lei sono morte tante ragazze, e ragazzi, uomini e donne, assassinati dalla crudele stupidità di chi crede di annientarli. Sono morti, ma non sono annientati. La voce resta.

“La voce che resta” porta in scena la voce delle donne iraniane. Quelle che sono morte e raccontano la loro vita, e vogliono che si sappia della loro morte. Quelle che sono vive e gridano il loro strazio per la perdita dei figli, degli amici, dei fratelli, della libertà. Quelle che vogliono farsi voce, per una sera, e raccontarsi, e cantarsi, perché sempre di più siano le voci che possono cantare la loro storia.

“La voce che resta” è una canzone a più voci. Da un lato ascolteremo Neda e le altre raccontare la loro vita, i loro desideri, la loro normalità. Da un altro, la voce cruda della realtà narrerà i momenti tragici della loro morte. Al centro, il coro delle donne iraniane, madri, mogli, sorelle, cittadine, grideranno la loro rabbia, il loro dolore. A fare da legame tra questi momenti, la splendida voce di Forugh: le sue poesie, anche se scritte più di quarant’anni fa, sembrano illustrare, in modo a volte tragico, a volte lirico, a volte ironico la realtà che andiamo raccontando. Le poesie che forse, quasi certamente, Neda e le altre leggevano. Le poesie che hanno dato forza e corpo ai pensieri di tante donne iraniane, donando loro il coraggio di resistere.

Una varietà di musica, iraniana e non, accompagnerà questo insieme di voci in una sorta di danza corale, un gioco di ombre e luci in cui poco a poco il nero della realtà lascia posto ai colori della speranza.

Perché Neda e le sue sorelle possano cantare ancora. Perché la loro voce resti. Per sempre.


P. N.

 
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