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050712 -La notte della fuga a cura del Centro Astalli
di Alen Custovic
ROMA - “Ancora oggi sono qui a fare i conti con la storia, quella mia personale e quella del mio popolo. E mi chiedo che senso possa avere vivere se non si
conoscono le proprie radici. So bene che arriva un momento in cui essere armeni o russi, ebrei o cattolici non conta. Ve lo leggo negli occhi tutte le volte che tollerate a fatica le mie insistenze perché impariate almeno qualche parola della lingua di vostro nonno, che per voi rappresenta poco più di uno sforzo intellettuale gratuito”. Queste sono le parole di una rifugiata armena che scrive una lettera ai propri figli, attraverso la quale cerca di raccontare e al contempo di esorcizzare la propria storia tormentata di donna, sempre in fuga perché dovunque andasse era in un modo o nell’altro straniera.
Il racconto della donna armena, assieme a quello di altri dieci rifugiati, è l’ossatura su cui è ostruito il libro “La notte della fuga. Storie di rifugiati in Italia”. Un libro-testimonianza che nasce dalla olontà
dell’Associazione Centro Astalli (che da più di venticinque anni è operativa sul campo, offrendo aiuto concreto a quanti, scappando da violenze di ogni
genere, cercano protezione) di “dare un nome e un olto ai senza volto”. Il libro raccoglie frammenti di storie di vita di persone che arrivano da paesi lontani e diversi tra loro: Sudan, Ucraina, Serbia, Iraq, Algeria, Congo,Kosovo, Mauritania, Colombia, Repubblica Democratica del Congo. Undici esseri
umani accomunati da un unico comune denominatore: la loro appartenenza allo status di rifugiato.

Il rifugiato sudanese, ricordando il momento del doloroso distacco dalla famiglia, racconta il particolare del commiato con la madre: "'Impedire a una madre di dar da mangiare a un figlio è l’atto più crudele che una donna possa sopportare', mi scrisse mia madre qualche mese dopo in una lettera che ancora
conservo". Quello scappato dal Kosovo racconta invece: “Sono nato in un paese in guerra e questa libertà è stata una dura conquista, o forse solo il frutto di tanta fortuna. Per me vivere significa non avere più paura. E’ la cosa più bella che possa capitare. E’ vero, ce l’ho fatta. Ma a volte questo pensiero non mi dà alcun sollievo; dentro mi porto un grande senso di colpa, che probabilmente rimarrà sempre con me: io sono salvo, ma tutti gli altri…”.

Undici storie vere, queste sono le pagine de “La notte della fuga”. Racconti che si leggono tutti d’un fiato perché ognuno è intessuto su emozioni ed
esperienze, spesso dure, di paura ed impotenza; racconti che proprio per questo sono straordinariamente in grado di “comunicare alla società che li accoglie, spesso con indifferenza e sospetto”, come dicono i curatori del libro.

“La notte della fuga”, per i suoi contenuti, è un libro impegnativo; non è adatto a chi non è pronto ad osservare con sguardo critico la questione dei
rifugiati e più in generale il fenomeno dell’immigrazione. Come scrive padre Bartolomeo Sorge nella prefazione: “non dobbiamo nasconderci le difficoltà che vi sono per realizzare l’equilibrio tra il diritto alla propria identità culturale e il dovere dell’integrazione sociale”. Questo libro e le sue testimonianze non si nascondono, anzi a volte umanamente si fatica davanti al disincanto, alla semplicità e alla durezza delle parole dei protagonisti delle vicende vissute e raccontate di prima mano.
La notte della fuga
Storie di rifugiati in Italia
a cura del Centro Astalli
Avagliano Editore
10 euro

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V.V

 
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