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Turchia e Armenia oggi a Zurigo Ma non si parlerą di "genocidio"
Turchia e Armenia oggi a Zurigo Ma non si parlerà di "genocidio" Antonia Arslan. In questa intervista. si dice «cautamente ottimista» sul protocollo per la normalizzazione che verrà siglato in Svizzera. Ma il "grande Male" non ha ancora un colpevole. Hrant Dink.Il giornalista armeno ucciso a Istanbul il 19 gennaio del 2007 di Anna MazzoneSospeso tra due partite di calcio. L'incontro di oggi a Zurigo tra i governi di Turchia e di Armenia per siglare un protocollo sulla "normalizzazione" delle loro relazioni diplomatiche, ha il sapore della storia e si incastona tra la data di settembre 2008 e quella del 14 ottobre prossimo, quando si terrà in Turchia la partita di ritorno tra le nazionali dei due Stati. Quasi un anno fa, il presidente turco Abdullah Gul fu invitato a Erevan, in Armenia, per assistere al match Armenia-Turchia valevole per le qualificazioni ai mondiali del 2010. Gul ci andò e da allora ripresero colloqui più o meno diretti con il presidente armeno Serzh Sargsyan, fino all'entrata in scena dei moderatori "neutrali", gli svizzeri, e all'appuntamento di oggi a Zurigo. Nel parterre dei testimoni della firma del protocollo nomi eccellenti, quali Hillary Clinton e il suo omologo di Mosca, Sergei Lavrov, che ieri ha confermato la sua presenza.È dal 1993 che le frontiere tra i due stati sono chiuse e che questi non hanno rapporti diplomatici. Come se non bastasse, nella questione del conflitto congelato dell'enclave armena nel territorio azero del Nagorno Karabak, Ankara appoggia da sempre l'Azerbaijan. L'Armenia, un piccolo stato di 3 milioni di abitanti "incastrato" nel Caucaso, potrebbe così uscire dall'isolamento economico ed energetico che ha vissuto in questi anni. Ma anche la Turchia otterrà dei vantaggi dalla riapertura delle frontiere, soprattutto in termini economici, dal momento che potrà abbattere i costi sul suo flusso di merci che fino ad ora hanno dovuto percorrere distanze più lunghe non potendo attraversare il territorio armeno. In più, Ankara si augura di ottenere qualche punto in più agli occhi dell'Unione europea, vista la sua attesa interminabile - cappello in mano - fuori dalla porta di Strasburgo.Già, ma la "questione armena" non è solo una diatriba territoriale o economica. È molto di più e racconta di cento anni di dolore, di rancore, di silenzio, in cui gli armeni costretti all'esilio e sparsi per il mondo hanno chiesto il riconoscimento del genocidio di 1 milione e mezzo di vite, avvenuto tra il 1915 e il 1917. Responsabilità che Ankara non ha mai riconosciuto e sulla quale, ancora oggi, continua a mantenere il silenzio. Per questo, fino all'ultimo la presenza del presidente Sargsyan non è stata confermata agli "sherpa" di Zurigo. Il suo riavvicinamento all'insegna della realpolitik con la Turchia è infatti visto dal "popolo della diaspora" come un tradimento nei confronti della battaglia per il riconoscimento delle colpe turche del secolo scorso. Il Riformista ne ha parlato con Antonia Arslan, intellettuale e scrittrice armena, autrice di due romanzi di successo, La Masseria delle Allodole (del 2004) e La strada di Smirne, in cui narra la tragedia vissuta dal popolo armeno e il suo "grande male".Cosa ne pensa dell'incontro di oggi a Zurigo? «All'inizio sono stata cautamente ottimista. Diciamo che lo sono tuttora, anche se quello che è successo qualche giorno fa al Nobel Orhan Pamuk è sconfortante. La Corte suprema turca ha sancito che qualsiasi privato cittadino che si sia sentito offeso per le sue affermazioni contrarie alla cosiddetta "turchità" e quindi in favore degli armeni, potrà chiedere giustizia in tribunale e citarlo per ottenere un risarcimento. Non mi sembra che questo sia un bel segnale». Eppure oggi la sigla del protocollo viene vista come una cosa positiva..«E lo è, dal punto di vista economico e politico è un importante passo in avanti - ci risponde la Arslan. - Significa che, anche se lentamente, si potrà uscire dal silenzio sulla questione armena e affrontare anche gli argomenti che non sono stati ancora affrontati nè chiariti, come quello del genocidio che non viene riconosciuto dallo Stato turco. C'è anche da dire che la Turchia trarrà enormi vantaggi da questo protocollo, perchè potrà acquisire un'altra immagine di fronte alla comunità internazionale, andando a toccare i punti oscuri delle sue relazioni diplomatiche e normalizzando quelle con l'Armenia». É d'accordo sul fatto che quella armena sia ormai una "questione psicologica" all'interno della società turca, come ha dichiarato al Riformista il regista Umit Kivanc, autore di un documentario sulla storia di Hran Dink, il giornalista armeno ucciso a Istanbul il 19 gennaio del 2007? «Sì, sono d'accordo, è così. La questione armena va al di là della sigla di qualsiasi protocollo diplomatico. Ci sono armeni che vivono in Turchia e sono tuttora profondamente discriminati: non possono accedere alla carriera militare, per esempio, o a incarichi pubblichi, eppure sono a tutti gli effetti turchi. Queste sono ferite tuttora aperte, tuttora esistenti, oltre al peso della nostra memoria storica, già di per sì così terribile. Per questo sono ottimista, sì, per quello che oggi accadrà a Zurigo, ma anche cauta. Questo è un primo passo, importante certo, ma vedremo cosa accadrà in futuro.

G.C.

 
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