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050620 - «Finito il concerto di Milano»,
Nicola superstar con la bacchetta
Il trofeo "conquistato" a John Dolmayan, batterista dei System of a Down
«Finito il concerto di Milano», racconta il vicentino Nicola Matteazzi, con voce ancora insidiata dall'emozione, «i System of a Down sono venuti in proscenio, a ringraziare. John Dolmayan, il batterista, aveva quattro bacchette in mano. Tre le ha lanciate verso il pubblico, e la quarta invece no, se l'è tenuta. Ha chiamato una delle body-guard, e gliel'ha data, indicandomi con un dito. Naturalmente non ci volevo credere», continua Nicola, mentre tintinnano gli spritz sotto il sole di giugno, «ma invece era proprio così! Il tipo si è inginocchiato, e me l'ha consegnata, mentre dal palco John mi strizzava l'occhio. Eccola qua».
Osservata sul tavolino della caffetteria San Lorenzo, con quel diametro extralarge per picchiatori di pelli pesanti, sembra una bacchetta da heavy metal come tante. Poi l'occhio si avvicina, legge il marchio Vic Firth per intenditori, contempla l'infinità di tacche lasciate sul legno da pezzi sconquassanti come "Chop Suey" o "Prison Song", e infine riconosce la firma John Dolmayan. Se la voglia di credere a questo ventunenne studente di Scienze motorie, c'era già prima di incontrarlo, la visione della "prova" fa capire l'entusiasmo che più del Campari trabocca da tutti i presenti: oltre a Nicola, Luca Carioni, 20 anni, studente del Da Schio, e Michele Toffoletto, 19 anni, iscritto al Canova.

Tutti e tre assieme fanno voce, basso e chitarra dei Sick' O More, rockband di cui qui manca il batterista Francesco Ferrarotto, in arte "Ferra", al cui posto sorride l'aspirante tour manager Silvia De Mori. «Suonando uno strano crossover-post metal come I nostri idoli System», spiega Nicola, «il 30 maggio era un dovere andare a vederli a Milano. Solo che non potevamo accontentarci di un posto qualunque. Per cui sveglia alle otto, autostrada sulla mia Opel Zaphira, cancelli del Filaforum alle undici, sette ore di coda sotto 33 gradi, venti litri di acqua consumati, ingresso alle sei e corsa pazza fino a sotto il palco, per essere rigorosamente in prima fila». Queste le premesse del ravvicinatissimo incontro tra I vicentini Sick' O More e i quattro System Of a Down, americani dediti a un indefinibile heavy-ethno-psycho-metal in cui, attraverso perle discografiche intitolate "Toxicity" o "Mesmerize", non si lasciano mai dimenticare le fondamentali radici dei musicisti, pronti a sfidare il governo turco pur di ricordare il genocidio degli armeni, avvenuto novant'anni fa. «Forse Dolmayan, vedendomi partecipare così intensamente a ogni aspetto della loro musica», ipotizza Nick Matteazzi, «in due ore di concerto ha capito qualcosa di me, si è immaginato tutta la storia che mi aveva portato fino a lì, assieme ai miei amici. E alla fine, con questa bacchetta, ha voluto mostrarmi la sua riconoscenza».
Stefano Ferrio

V.V

 
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