Zatik consiglia:
Iniziativa Culturale:

 

 

Teatro del Buratto/Teatro Verdi DESERTO NERO
Dal 16 aprile al 3 maggio 2009
Via Pastrengo 16 Milano (nei pressi della stazione Garibaldi)
Tratto da “La masseria delle allodole” di Antonia Arslan, ideazione e progetto Jolanda Cappi e Renata Coluccini, drammaturgia Jolanda Cappi, Renata Coluccini e Renato Sarti supervisione alla scrittura scenicaAntonia Arslan,in scena Jolanda Cappi, Renata Coluccini, Jacopo Storti, Giacomo Toccaceli,regia Renato Sarti, assistenti alla regia Stefano Benedetti e Marco DiStefano,musiche Carlo Boccadoro, scene Marco Muzzolon, disegno luci Marco Zennaro costumi Mirella Salvischiani, direttore di produzione Franco Spadavecchia si ringrazia il Teatro della Cooperativa

In collaborazione con la “Casa-Armena” di Milano
PRIMA NAZIONALE
«Ragazzo mio, qual è la causa ancora oggi di tutto questo dolore? Non è aver perso delle persone care, o la nostra terra... È la consapevolezza di poter
essere odiati così tanto. Che razza di umanità è che ci odia fino a questo punto e con che coraggio insiste nel negare il suo odio, finendo così per farci ancora più male?». (Charles Aznavour, nella parte del regista Edward Saroyan nel film “Ararat” di Atom Egoyan)

Fino a pochi anni fa, ai più, era sconosciuta l’esistenza di un popolo, di una cultura armena. Pochi sapevano quello che accadde tra l’aprile del 1915 e il settembre del 1916, periodo in cui centinaia di migliaia di Armeni furono uccisi nel primo genocidio del ‘900.
Questo genocidio caratterizzato da accuse pretestuose, da stragi e deportazione, non solo è il primo del secolo, ma sembra modello ed esempio di molti altri accadimenti successivi.
Ma oltre al fatto storico, quello che più colpisce è la lunga battaglia della memoria che gli Armeni tutt’oggi conducono, per il riconoscimento del
genocidio, per non dimenticare, per non essere soffocati dal senso di impotenza generato dal non veder riconoscere una realtà vissuta sulla pelle.
Così come rimane scolpita nella mente l’immagine delle donne Armene che dopo l’uccisione degli uomini furono costrette a mettersi in cammino, ad attraversare il deserto, riunite in carovane verso Aleppo o verso Deir
es-Zor, in Mesopotamia. Lungo il percorso, le prigioniere, lasciate senza cibo, acqua e scorta, moriranno a migliaia.

Ispirato alla “Masseria delle Allodole” lo spettacolo vede tre figure femminili camminare nel deserto. La strage dei maschi è stata compiuta, mariti, figli, fratelli sono stati trucidati. E loro camminano nel nulla verso il nulla. È un tempo sospeso, dopo la morte, prima della morte. Con qualche speranza? Con quale meta? I Curdi nella notte scendono dalle
montagne, hanno via libera, possono fare quello che vogliono a questa processione di donne. Eppure loro continuano a camminare, non si lasciano morire. Resistono. Con dignità.
“Ma là nel deserto Siriano si stringeranno l’una all’altra cullandosi gentilmente a vicenda… cantandosi a voce quasi spenta… il loro gioco segreto…: non animali che cercano l’ultimo boccone di pane, ma donne ancora, con un’ultima forza nel cuore: riuscire a salvare i bambini…”. E i loro passi spingono i figli verso un futuro sconosciuto, mentre le loro menti a tratti si perdono in un passato scomparso.

Attraverso lo spettacolo, così come è stato fatto attraverso la letteratura, si vogliono percorrere a ritroso le generazioni, le parole mancanti di una
relazione rimasta in sospeso, per dare vita a una memoria, perché attraverso la parola performativa si può dare vita a ciò che era nascosto, dimenticato
o negato.

La scrittura drammaturgica prevede la collaborazione e la supervisione di Antonia Arslan autrice della “Masseria delle Allodole” e di numerosi saggi e articoli sul popolo armeno.

Dare voce al genocidio degli armeni non è solo far memoria del passato a ridosso di drammi attuali e vicini, ma anche chiedersi perché e come il
nostro tempo sia segnato da questi tragici eventi.

Casa Armena

 
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