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12 03 2009 - Rilevamento del documento appartenuto a Taalat Pascia, Min Int. nel 1915 a Costantinopoli;
Armeni, genocidio. La prova da LA STAMPA di oggi Il libro di uno storico turco offre documenti appartenuti al principale artefice dello sterminio e rivela: quasi un milione di morti. Un documento appartenuto a Talaat Pasha, Ministro dell’Interno nel 1915 a Costantinopoli, rivelato da uno storico turco rivela quello che ancora adesso viene negato dal governo di Ankara: e cioè che in quello che la maggior parte degli storici ormai definiscono genocidio scomparvero, in soli due anni 972.000 armeni, su una popolazione di circa un milione e 256.000. E’ certamente un duro colpo alle tesi negazioniste e riduzioniste, e rende più difficile la posizione del governo sia nei confronti dell’Unione Europea, che ha chiesto da tempo una posizione limpida sulla storia del secolo scorso da parte della Turchia, sia nei confronti di un’opinione pubblica che sta lentamente prendendo coscienza di quello che accadde durante la Prima Guerra mondiale. In Turchia si insegna nelle scuole che non c’è stato nessun genocidio armeno, e che anzi i turchi sono stati vittime di violenze da parte di quella minoranza cristiana, che è sostanzialmente scomparsa dalla Cilicia, dall’Anatolia e dalla parte orientale dell’attuale Turchia in seguito al primo genocidio del secolo. Non a caso allora il libro di Murat Bardakci che contiene il documento e la rivelazione è passato in silenzio nel paese. I giornali non ne hanno quasi scritto; e la televisione l’ha ignorato. “Le mie cifre – ha detto Bardacki al New York Times – sono troppo alte per la genete comune. Forse le persone non sono ancora in grado di parlare di questo tema”. Il libro si intitola “I documenti che restano di Talaat Pasha”. E’ un’antologia di documenti e ricordi appartenuti a Mehmet Talaat, ritenuto il principale artefice dello sterminio. I documenti sono stati dati a Bardacki dalla vedova di Talaat, Hayrye, prima della sua morte nel 1983, e includono liste di cifre sulla popolazione. Prima dell’inizio, il 24 aprile 1915, delle deportazioni, secondo le cifre di Talaat un milione e 256.000 armeni vivevano nell’Impero ottomano. Due ani più tardi il loro numero era sceso a 284.157 unità. Sembrano solo dati statistici; ma per chi è al corrente della polemica, ancora viva, sulla questione, sono cifre eloquenti. E riguardano la politica di oggi; solo qualche giorno fa il Ministro degli Esteri turco ha ammonito Obama che il riconoscimento del genocidio armeno da parte degli Stati Unti potrebbe causare un peggioramento nei rapporti fra i due paesi. E’ una tattica consolidata di minacce e ricatti che il governo di Ankara pratica da decenni verso i paesi che riconoscono ufficialmente, come governi e parlamenti, quella che anche per molti turchi è un fatto storico innegabile. Quasi trentamila persone hanno firmato, nei mesi scorsi, la petizione lanciata da un gruppo di intellettuali in cui si chiedeva scusa agli armeni per ciò che era accaduto nel 1915. Il tema è vissuto in maniera molto calda, in Turchia, dove chi parla di genocidio può essere trascinato in tribunale e condannato, e dove un giornalista armeno, Hrant Dink, è stato ucciso qualche anno fa proprio per la sua attività anti-negazionista. Murat Bardacki, anche se offre con il suo libro un argomento devastante a favore del genocidio, si allinea però alla versione ufficiale: i morti ci sono stati, ma in conseguenza delle privazioni e non causa di un disegno preciso. Come scrive il New York Times, questa difesa è respinta dalla maggioranza degli studiosi, secondo cui il numero molto piccolo di ribelli armeni non costituivano una minaccia per l’Impero, e che la politica genocidale fu la conseguenza che gli Armeni, non musulmani e quindi considerati inaffidabili costituivano un problema etnico. Hilman Kaiser, storico d esperto del genocidio armeno, ha detto che le cifre e i documenti pubblicati nel libro sono una prova conclusiva del fatto che il “triumvirato” alla guida della Turchia all’epoca perseguì una politica calcolata per elimnare gli Armeni. “All’improvviso avete su una pagina la conferma di tutti i numeri. E’ come se qualcuno vi colpisse in testa con un bastone. E’ una statistica di morti. Non c’è altro modo di leggere questo documento. Non puoi nascondere un milione di persone”. Donald Bloxham, autore di “The Great Game of Genocide: Imperialism, Nationalism and the Destruction of the Ottoman Armenians” ha ditto: “Questo conferma quello che già sapevamo”. Murat Bardacki ha imparato a leggere e scrivere in Osmanli, il turco pre-Ataturk, da sua nonna. Suo nonno era dello stesso partito di Talaat, e la sua famiglia conosceva molti personaggi storici dell’epoca. Non commenta e non da’ spiegazioni, nel suo libro: “Non ho voluto dare interpretazioni, voglio che sia il lettore a decidere”. Bardacki ha aspettato ventisette anni per pubblicare il suo libro. “Non avrei potuto pubblicarlo dieci anni fa, sarei stato chiamato traditore”.

G.C.

 
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