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18 02 2009 - Esce il libro di Antonia Arslan, La strada di Smirne;
Esce oggi il romanzo di Antonia Arslan che rappresenta il seguito della «Masseria delle allodole», bestseller in tutto il mondo Armeni, genocidio cristiano DI LORENZO FAZZINI
V olendo fare un paragone letterario e 'storico', potremmo dire che il nuovo libro di Antonia Arslan, La strada di Smirne, sta al precedente, e struggente, La Masseria delle allodole come La tregua di Primo Levi stava a Se questo è un uomo. Entrambi seguiti narrativi e drammatici di capolavori che a molti hanno aperto gli occhi su 'buchi neri' della Storia, l’Olocausto nel caso dello

scrittore piemontese, il genocidio degli armeni per la scrittrice, ben nota ai lettori di «Avvenire», già docente di letteratura italiana all’Università di Padova.

Come nel racconto sull’odissea di Levi da Auschwitz al ritorno in patria non mancarono di sanguinare ancora le cicatrici della Shoah, così nel nuovo lavoro della Arslan l’ombra lunga del furore turco non cessa di allungare il suo triste seguito sui protagonisti armeni cristiani colpiti nel mattatoio di inizio Novecento.

La strada di Smirne, in uscita oggi da Rizzoli (pagine 220, euro 18,50) rilancia la narrazione del Metz Yegern, il 'Grande Male', la stagione di violenza in cui il fanatismo turco assassinò 1 milione e mezzo di armeni. Il gruppo di sopravvissuti da quella strage che (drammaticamente) ammaliò i

lettori della Masseria (arrivato a 14 traduzioni e 23 edizioni in italiano per un totale di 200 mila

copie) si divarica ora nella nuova prova della scrittrice italo-armena. Il protagonista Shushanig e i suoi quattro figli si imbarcano su una nave in direzione di Venezia, dove incontrano lo zio Yerwant e due cugini adolescenti.

Gli altri sopravvissuti, la serva greca Ismene, il prete Isacco e l’anziano mendicante turco Nazim, prendono invece la strada di Aleppo e poi Smirne. Nella prima città si dedicano a prendersi cura dei bambini armeni orfani per il genocidio, 'ragazzi di strada' in una Siria straniera dove restano soli a testimoniare in silenzio una tragedia più grande di loro. «Il progetto era semplice - è il parere dell’autrice - . Far capire agli armeni che contro di loro la guerra non era finita, che non sarebbe finita se non con la morte dell’ultimo uomo, con la violenza dell’ultima donna, con la conversione forzata dell’ ultimo bambino».

Già nel 2007, nel momento in cui i fratelli Taviani trasposero su grande schermo il racconto della Arslan, la scrittrice patavina annunciava che stava lavorando al seguito della Masseria delle allodole. E di recente ha svelato che La strada di Smirne è la seconda tappa di una trilogia che si concluderà con

Autunno a Tudor City.

Evento ancora poco esplorato, il genocidio armeno: una ferita della storia in cui - ha affermato di recente la Arslan - gli armeni vennero perseguitati «per lo stesso motivo degli ebrei: il furore si scagliò perché erano più colti, sapevano lavorare, emergevano.

Ma di mezzo c’era anche l’odio anticristiano».

Pesa però, per la Arslan, il mancato riconoscimento di Ankara della grande strage del popolo armeno. Di recente una buona notizia è arrivata proprio dalla Turchia: i tribunali locali non intendono procedere contro i 200 intellettuali turchi che a dicembre hanno pubblicato un documento in cui chiedevano al governo di ammettere le responsabilità turche nel genocidio armeno e si rivolgevano «ai fratelli e sorelle armeni» affermando di voler «condividere il loro dolore, chiedendo perdono». Tale appello aveva raccolto 28 mila firme, surclassato però dalle 68 mila adesioni che hanno sottoscritto l’appello 'Io non mi scuso', scaturito dalle frange più oltranziste della società turca.

E guardando all’oggi, la scrittrice di Padova afferma che si debba «stare attenti» sull’entrata della Turchia nell’Unione europea perché Ankara «è pur sempre una realtà musulmana, il che può essere anche problematico». Sebbene sia lei la prima a riconoscere che non è aperta solo la questione 'passata' degli armeni: «Come la mettiamo con la questione di Cipro? Con i diritti civili interni, con le donne discriminate?».

S’intitola «La strada di Smirne» il secondo atto della saga, costituita da una trilogia. Ora i protagonisti si dividono fra Italia e Siria La scrittrice Antonia Arslan Un’immagine del genocidio armeno (foto di A.T.Wegner, da «Una finestra sul massacro»)

G.c.

 
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