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14 01 2009 - Rapporti tra Israele e Turchia , Giordania e il Qatar ...
da HAAREZI
l primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan aveva chiesto di parlare con il suo omologo israeliano Ehud Olmert poco prima dell’inizio dell’offensiva israeliana a Gaza. Olmert evitò Erdogan perché non voleva dire al premier turco dell’imminente attacco. Il premier israeliano non voleva ritrovarsi nella stessa situazione di Menachem Begin, quando quest’ultimo parlò con il presidente egiziano Anwar Sadat nel 1981 e non gli disse che Israele si apprestava ad attaccare il reattore nucleare iracheno. Come risultato, Erdogan è andato su tutte le furie, sentendosi oltraggiato. Fonti turche affermano che la campagna di ingiurie di Erdogan contro Israele, http://www.eurasianet.org/departments/insightb/articles/eav010809b.shtml nelle ultime settimane, sarebbe una reazione a questo.

“Israele è il più grande provocatore di terrorismo nel mondo”, ha accusato il ministro della giustizia turco. Erdogan non vuole più parlare con Olmert, i rapporti fra Ankara e l’ambasciatore israeliano sono stati sospesi, una squadra di basket israeliana è stata attaccata da alcuni tifosi ad Ankara, ed ai turisti israeliani è stato consigliato di rinviare eventuali viaggi in Turchia. “Trovarsi ad Ankara sembra come trovarsi in un paese arabo ostile”, ha detto al quotidiano Haaretz un responsabile israeliano in Turchia.

In Giordania, il primo ministro Nader al-Dahabi ha tenuto un discorso in parlamento chiedendo http://www.arabnews.it/2009/01/07/la-collera-giordana-nei-confronti-di-israele/ di “riconsiderare i rapporti fra Israele e la Giordania”. E’ la prima volta che accade una cosa del genere da quando i due paesi hanno firmato la pace. Non sono state emesse smentite o correzioni. “La Giordania ed Israele hanno importanti interessi comuni”, ha detto con indifferenza un responsabile del ministero degli esteri israeliano. E’ davvero così? Questa affermazione tiene in considerazione la delicata posizione giordana di fronte ai palestinesi, a Hamas, ed alla sua opinione pubblica interna? Come risponderebbe questo responsabile di fronte ad un rientro ad Amman dell’ambasciatore giordano?

Il Qatar, che figura nella lista dei paesi moderati, ancora accoglie i rappresentanti israeliani e intrattiene colloqui con Israele, ma è ora più vicino all’asse siro-iraniano che non a quello egiziano-saudita. Fra tutte le iniziative di cessate il fuoco, il Qatar preferisce quella siriana che appoggia Hamas. Il Qatar preferisce questa iniziativa alla proposta egiziana. L’Arabia Saudita, un altro paese moderato, ha cominciato a parlare della possibilità di “voltare le spalle” all’iniziativa di pace araba a meno che la comunità internazionale non fermi Israele.

Appena tre settimane fa i leader della regione erano euforici. La Turchia parlava della possibilità di continuare la mediazione fra Israele e la Siria, ed il suo presidente si apprestava a giungere in visita a Gerusalemme; la Siria parlava di negoziati diretti con Israele; i ministri degli esteri del Qatar e di Israele si comportavano come grandi amici; ed il ministro degli esteri saudita Saud al-Faisal aveva detto che il suo paese non aveva alcuna intenzione di abbandonare l’iniziativa di pace saudita solo per il fatto che la destra israeliana ne stava traendo vantaggio.

Scene di questo genere sono svanite. Anche il nostro amichevole partner, il presidente dell’ANP Mahmoud Abbas, ha interrotto i rapporti. Israele si trova di nuovo in una situazione familiare: uno stato minacciato, che non parla con nessuno dei suoi vicini, e che non vuole che nessuno sprechi il proprio tempo in colloqui di pace.

Tattiche a breve termine – questo è tutto ciò di cui Israele è capace. E la questione dei rapporti con la Turchia? Avranno bisogno di noi quando il Congresso americano discuterà del massacro degli armeni. Abbiamo fatto innervosire i giordani? Loro ricevono l’acqua da noi ed hanno firmato un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti grazie a noi. Il Qatar? Dipende dall’appoggio del nostro alleato americano. Ora vuole unirsi all’asse del male? E anche la Siria ci sta voltando le spalle? Abbiamo detto a tutti che non c’è un partner per la pace. La nostra industria chiave è la guerra, non la pace o i colloqui con i nostri vicini. Vogliamo gli arabi solo come nemici.

Per un momento è sembrato che ci fossimo quasi convinti che i legami con gli arabi non sono importanti, fino a quando è emerso che abbiamo bisogno dell’aiuto dell’Egitto per risolvere i nostri “problemi” con Hamas, e che il Qatar ha contribuito a risolvere la crisi in Libano. E la Giordania è in grado di mantenere sicuro il confine; e fino a poco tempo fa eravamo così desiderosi di incontrarci con il re saudita.

E c’è ancora un altro piccolo e fastidioso problema che ci impedisce di godere della nostra indifferenza nei confronti dei nostri vicini. Chi ha tratto vantaggio, finora, dalla situazione? Fino a questo momento è stato Hamas, che può sostenere di aver compromesso gravemente i rapporti di Israele con la Turchia, la Giordania ed il Qatar. E questo è solo l’inizio.

Zvi Bar’el è un analista politico israeliano; scrive abitualmente sul quotidiano “Haaretz”

G.C

 
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