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24 10 2008 - Caucaso- Anche l’Armenia tenta di sfuggire all’abbraccio russo
Edizione 226 del 23-10-2008

di Gabriele Cazzulini

Dopo aver esibito la sua muscolatura militare con la Georgia adesso la Russia si cimenta come mediatrice tra Armenia e Azerbaijan per dirimere la questione
del Nagorno-Karabakh. Proprio mentre l’Ue apriva ieri i lavori della conferenza dei donatori per la ricostruzione della Georgia (l’Italia ha stanziato 3 milioni di euro), la mediazione russa è il dono che il presidente russo Dmitrij Medvedev porta nel suo viaggio in Armenia. E’ anche l’occasione per continuare a martellare sull’intervento militare in Georgia, a cui Mosca sarebbe stata costretta dalla politica aggressiva di Tbilisi. Medvedev sale in cattedra per
tessere le lodi della diplomazia internazionale quando le sue forze armate hanno drammaticamente peggiorato la crisi nelle regioni separatiste della Georgia. Come i doni dei greci, questa versione conciliante della Russia assomiglia ad un pericoloso cavallo di Troia per esportare anche in Armenia la pressione egemonica della Russia. Per Medvedev questa è la quinta visita in Armenia quest’anno. Anche se il presidente russo si sforza di vestire i panni del mediatore, la taglia non è la sua. L’Armenia ospita la 102esima base militare della Russia a Gyumri, ovvero tremila soldati russi a soli 120km dalla capitale Erevan. La sua permanenza è stata ribadita recentemente dal ministro della difesa armeno Ohanian. Inoltre è ancora in vigore un accordo siglato nel 1997 con cui l’Armenia autorizza la Russia all’impiego delle sue pattuglie sul confine con la Turchia e l’Iran. Ma nel 2003 l’allora presidente Putin ha trasferito le guardie di confine sotto il diretto controllo dell’Fsb (il servizio segreto).

In Abkhazia ed Ossezia meridionale (dove il parlamento locale ha eletto ieri come premier Aslanbek Bulatsev, un ex Kgb cittadino della Federazione Russa) la
Russia sta ultimando l’installazione di basi aeree, navali e terrestri per le sue forze armate – anche se trasformare le nascenti repubbliche in satelliti militari è una contraddizione per chi ne dovrebbe difendere l’indipendenza.
Oltre a rappresentare una pistola puntata alle tempie della Georgia, la presenza russa tende ad agire da deterrente militare contro le derive anti-russe nel Caucaso. E’ la tesi esposta sulla “Nezavisimaya Gazeta”, quotidiano a larghissima tiratura controllato da Gazprom. L’enfasi della propaganda d’ufficio ricorda però come Mosca non sia troppo lontana dal ricostituire il Gruppo di Forze Transcaucasiche che ai tempi dell’Urss era il guardiano militare del Caucaso. Nonostante questa pressione, l’Armenia ha intrapreso una politica estera più emancipata. I rapporti con la Turchia hanno lentamente iniziato a scongelarsi, più per la questione energetica che per una sincera riconciliazione tra i due popoli divisi dal genocidio armeno. Ma anche nella prospettiva economica gli ostacoli non mancano. Azerbaijan e Turchia sono i due estremi del futuro gasdotto Nabucco.

Per congiungere i due punti occorre localizzare uno snodo. Se non passerà per l’Iran, vista l’acuta tensione politica, resta comunque improbabile che Nabucco
passi per l’Armenia, visto il problema del Nagorno-Karabakh. Allora Erevan continua ad appoggiarsi alle forniture dal Kazakhistan attraverso l’Iran. Alla fine la teocrazia sciita può rivelarsi lo sponsor economicamente più affidabile e politicamente meno interessato al Nagorno-Karabakh. La Russia appoggia l’Armenia ma non può perdere l’Azerbaijan; anche la Turchia trasmette segnali sulla lunghezza d’onda di soluzione multilaterale. Ma l’Iran ha già messo sul piatto della bilancia imponenti progetti di sviluppo bilaterale: ferrovie, centrali nucleari, investimenti – e l’Armenia ha già accettato. E’ una strategia per sganciarsi da Mosca o almeno per sedersi al negoziato, a Mosca o altrove, in una posizione più vicina ad un Nagorno-Karabakh armeno.

V.V

 
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