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050506 - Intervista Antonia arslan , di Francesco MANNONI
NEA – 23-4-2004 di FRANCESCO MANNONI Mentre il 24 aprile si celebra la Giornata della Memoria armena, intervista alla scrittrice Antonia Arslan, già docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova e autrice di un romanzo che, attingendo ai ricordi familiari, ricostruisce il genocidio di cui furono vittima i cittadini armeni di Turchia nel 1915 ------------------------------------------------- IL “GRANDE MALE” CHE DIEDE INIZIO AI MALI DEL SECOLO =================================================== “In una valletta dove il carrettiere ha detto che potranno ristorarsi a una fonte perenne (…) trovano il terreno completamente coperto di migliaia di cadaveri imputriditi, e la fonte inquinata. Sfidano il puzzo atroce, nell’angoscia, per guardare, ma i morti sono di un’altra carovana, non riconoscono nessuno, tranne il fatto, ovvio, che sono tutti armeni.” E’ uno dei momenti più drammatici del romanzo testimonianza La masseria delle allodole (Rizzoli, 234 pagine, 15,00 euro), in cui la scrittrice di origine armena Antonia Arslan ricostruisce il genocidio del suo popolo iniziato il 24 aprile 1915. Una tragedia che il tempo sembra aver cancellato dalla memoria degli uomini, lasciando impunita un’operazione infame. Oggi, però, il 24 aprile è diventato la Giornata della Memoria armena, affinché nessuno più dimentichi il primo genocidio del Ventesimo secolo. “Il 24 aprile 1915 – mi dice la signora Arslan, già docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova - è considerato l’inizio del genocidio armeno, perché quel giorno i capi della comunità armena di Costantinopoli furono arrestati, deportati e uccisi.” - Perché fu decisa l’eliminazione dei cittadini armeni di Turchia ? “Nel 1908, a Salonicco, un gruppo di militari aveva costretto il Sultano a limitare i suoi poteri e ad accettare una Costituzione e un Parlamento. Erano stati eletti deputati di tutte le minoranze nazionali, tra cui quelle armena, greca e assira. Il progetto dei militari, però, non era la democratizzazione, ma la turchizzazione del Paese. E quando la Turchia entrò in guerra con gli Imperi Centrali, il Partito Unione e Progresso, espressione dei militari che si erano imposti al Sultano, pensò che il momento era opportuno per sistemare certi strascichi etnici.” - Insomma, si trattò di una vera e propria “pulizia etnica”. “Sì. Il piano per l’eliminazione degli armeni era stato premeditato da anni. Tutti i soldati armeni che si trovavano al fronte furono trasferiti in battaglioni di lavoro - veri e propri campi di morte - e lasciati lì fino allo sfinimento fisico, mentre gli ufficiali armeni furono rimandati a casa, ma privi del passaporto interno necessario per spostarsi da una città all’altra. La guerra non andava molto bene e il triunvirato che dominava la Turchia, composto da Talaat Pascià, Enver Bey e Djemal Pascià, decise che era giunto il momento di agire. Dal 24 aprile, dopo l'eliminazione della leadership armena, il governo turco poté operare indisturbato. Con metodi che avevano poco da invidiare a quelli delle future SS naziste, gli uomini di razza armena vennero stanati dalle loro case e uccisi, mentre vecchi, donne e bambini furono avviati ad una deportazione che in realtà era una marcia verso il nulla.” - Ma perché tanto accanimento contro questo popolo ? “Le minoranze, per lo più cristiane, avevano goduto di una discreta tolleranza nel multietnico Impero Ottomano. Ma quando l’Impero cominciò a vacillare, si cercarono dei capri espiatori, e gli armeni e i greci erano adatti a pagare colpe che non avevano. Alcuni degli armeni che si salvarono lo devono al fatto che esercitavano mestieri che nessun turco faceva. Un ciabattino e un fabbro, ad esempio, sopravvissero grazie ai curdi, che li soccorsero perché avevano bisogno della loro opera.” - A cosa è dovuta, secondo lei, l’omertà internazionale che ha sempre avvolto quei terribili fatti ? “Dopo la Grande Guerra ci furono due trattati di pace, e in quello del 1919 fu sancita l’esistenza dell’Armenia e il diritto ad una ricompensa in territori per le perdite subite. Ma poi il generale Mustafa Kemal si mise alla guida di una giusta riscossa della Turchia, pesantemente ridotta di confini avendo perso la guerra, e costruì la Repubblica Turca laica. Una delle sue imposizioni fu che della questione armena non si parlasse più.” - Sulle cifre dello sterminio si oscilla fra seicentomila e un milione e mezzo di morti. Qual è la verità ? “Seicentomila è una cifra bassa e gli storici più seri non la accreditano. Altri esagerano parlando di due milioni di morti. Io credo, anche da quanto risulta dal libro di un ebreo scampato ai lager nazisti che ha scritto un saggio sugli armeni, convinto del parallelismo fra l’Olocausto ebreo e il Metz Yeghérn, il Grande Male armeno, che la cifra reale sia molto vicina al milione e mezzo di morti. Sono stime che si fondano su un censimento fatto dal Patriarcato Armeno di Costantinopoli, secondo il quale gli armeni di Turchia, al momento dell’eccidio, erano oltre due milioni. I turchi sostengono invece che i morti furono meno.” - Ci furono diversi episodi di resistenza da parte degli armeni, che ingaggiarono lotte coraggiose. “Sì, e se ne rammentano due in particolare. Uno è quello terribile della città di Van, all’interno della Turchia, i cui difensori furono tutti massacrati, tranne i pochi salvati dall’esercito russo che avanzava da est. In un altro caso, invece, gli armeni di sette villaggi sull’Egeo si nascosero sulla montagna di Mosè e resistettero per cinquanta giorni all’assalto delle armate turche, issando sulla cima del monte dei grandi striscioni con scritto : ‘cristiani in pericolo, accorrete’. Si accorsero di loro alcuni incrociatori francesi e uno inglese, e furono salvati.” - Lei definisce gli armeni miti e fantasticanti, ma qual è il loro vero carattere ? “Nel Medio Evo gli armeni, che avevano un regno, erano conosciuti come infallibili arcieri. Perduto il regno, si specializzarono nel commercio e nell’agricoltura. La rete del commercio armeno si stendeva da Madras in India e dalla Birmania fino ad Amsterdam. Ebbero un epicentro in Persia, e alcune grandi famiglie persiane a metà del Seicento vennero a Venezia e salvarono economicamente la Repubblica in difficoltà, barattando l’aiuto economico con patenti di nobiltà venete. Ci sono ancora forti comunità di armeni in Iran, Egitto, Siria, Libano e Iraq. Gli armeni erano anche bravi contadini, capaci di far fruttare molto bene le pianure sotto l’Ararat, e i loro vigneti in Anatolia destavano invidia. Erano abilissimi anche nella confezione di tessuti. Ma la loro più bella caratteristica è che si fidano degli altri e sono sempre riconoscenti a Dio di esistere. Fu facile sterminarli, perché non pensavano di essere minacciati.” - Dove vive oggi la maggior parte degli armeni ? “La maggior parte, tre milioni circa, nella Repubblica d’Armenia, che ha tutti i problemi delle Repubbliche ex-sovietiche. E’ una delle due repubbliche cristiane del Caucaso insieme alla Georgia, e la Turchia se potesse ne farebbe un boccone, perché l’esistenza stessa dello Stato turco si basa su una menzogna : ossia che gli armeni non siano mai esistiti, mentre erano insediati sul suo territorio da più di duemila anni, molto prima che arrivassero le tribù turche. Penso che sarebbe ora che la Turchia facesse un riconoscimento puramente formale di quanto è avvenuto.” Francesco MANNONI A cura di “ La Nuova Agenzia giornalistica NEA” 00061 ANGUILLARA SABAZIA (RM) - VIA TREVIGNANESE , 3 - TEL 06/99.68.085/231 FAX 06/99.68.231 /www.lanuovanea.it nea@lanuovanea.it Dott.ssa Maria Pia Forte

V.V

 
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