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04 06 2008 -foto da un genocidio A Lamon interverrà anche Antonia Arslan: «Dopo l’esilio c’è la misericordia»
Sabato sarà inaugurata la mostra che documenta per immagini il dramma dimenticato di un popolo Armenia, foto da un genocidio A Lamon interverrà anche Antonia Arslan: «Dopo l’esilio c’è la misericordia»

«Un Armeno anche quando ride ha il genocidio negli occhi». Sembra un monito, e andrà ricordato sabato, quando nella chiesa di san Daniele a Lamon si svolgerà
l'incontro («Al termine dell'esilio la misericordia») con la scrittrice Antonia Arslan. Occasione della serata, organizzata da Biblioteca Comunale e Pro Loco
di Lamon, l'inaugurazione della mostra fotografica «Armin T. Wegner e gli armeni in Anatolia, 1915. Immagini e testimonianze».
Ci sono immagini e vicende che non si possono e non si devono dimenticare. Sono le vicende che Antonia, scrittrice padovana di origini armene, ha saputo
raccontare con la delicatezza di una triste fiaba nelle pagine del romanzo la «Masseria delle allodole», divenute immagini nel film omonimo realizzato dai
fratelli Taviani. Sono le immagini che l'ufficiale tedesco Armin Theophil Wegner ha immortalato nelle fotografie scattate nei campi dei deportati.
Inviato in Medio Oriente durante la prima guerra mondiale, Wegner è testimone del genocidio. Eludendo i divieti delle autorità turche e tedesche, scatta
centinaia di fotografie cercando di far conoscere in Europa e America, tramite le ambasciate, ciò che stava accadendo.

È la notte tra il 24 e il 25 aprile del 1915 quando ha inizio il «Metz Yeghèrn» (il grande male). Il giorno prima Talaat Pasha, ministro degli interni turco,
aveva dichiarato che da lì a 50 anni non sarebbe rimasto neppure un solo armeno. Furono massacrati furono oltre un milione e mezzo di uomini, donne e
bambini. Prima furono arrestati e sparirono nel nulla gli intellettuali. Poi fu la volta degli uomini. Infine, anziani, donne e bambini furono deportati nel
deserto condannati a morire di fame e di stenti. Stupri, violenze, umiliazioni come normalità. I pochi che riuscirono a salvarsi sopravvissero con quel senso
di inspiegabile vergogna che accomuna le vittime, dando vita alla diaspora armena.

Ancor oggi quel genocidio è non solo un orrore ma anche un dolore irrisolto.
Alla distruzione di un'etnia, determinata dalla lucida follia di chi era al governo dell'Impero Ottomano, si aggiunge ora la nuova violenza della negazione. Il governo Turco si ostina a non riconoscere quel massacro.
Il Documento relativo all'organizzazione dei massacri degli armeni da parte del Comitato Unione e Progresso (sottotitolato «I dieci comandamenti del genocidio») indica le azioni che dovevano compiersi per annientare il popolo armeno. Non doveva rimanere neppure il ricordo.

«Gli armeni sono abituati allo stato di non esistenza e di non ricordo, di "popolo fantasma" - scrive Arslan -, a quella cancellazione ostinata e ossessiva che li riguarda». Ma il ricordo si fa invece sempre più forte anche grazie a chi, come Antonia e Wegner, non permette scenda un velo su quell'atrocità. La mostra resterà aperta fino al 17 giugno: giorni feriali
20.30-22.30, domeniche 10.30-12.00 e 20.30-22.30.

Giovanna Galifi

V.V

 
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