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24 01 2008- Omicidio Dink, decapitata la rete golpista in Turchia
Il funerale di Hrant Dink, giornalista turco-armeno colpevole di aver offeso la “turchicità ” dello Stato

Tra i cinquanta fermati dalla polizia ci sono avvocati sulla breccia, noti opinionisti e pezzi da novanta dell’eversione ultranazionalista annidata
nell’esercito. Tra questi l’ex comandante delle forze speciali Veli Kucuk e il colonnello in pensione Fikri Karadag, leader riconosciuto di una fazione di estrema destra (Forze Nazionali) che, per difendere “la purezza del sangue turco”, ha stilato in passato una macabra black list di [1] 13.500 ‘traditori della patria’ da passare per le armi. Tra cui c’era anche lo stesso giornalista turco-armeno [2] Hrant Dink, il direttore di Agos assassinato il 19 gennaio scorso a Istanbul per aver evocato quel “genocidio armeno” di cui nessuno in Turchia, per la rete estremista e nazionalista, deve osare parlare.

L’inchiesta è nata ufficialmente a seguito del ritrovamento di un arsenale di armi ad alto potenziale in un appartamento del quartiere di Umranye di Istanbul ma promette anche di gettare nuova luce sui mandanti dell’assassinio di Dink
colpendo così al cuore il cosiddetto Stato parallelo turco. Tra le personalità fermate c’è anche la signora Sevgi Erenol, portavoce del patriarcato della
Chiesa ortodossa turca a Istanbul (anch’essa perquisita dalla polizia) nonché Guler Komurcu, opinionista del quotidiano ‘[3] Aksam‘, legata sentimentalmente ad un uomo in odore di mafia (Sedat Peker) e fiera oppositrice della visita di
Benedetto XVI in Turchia.

Ne emerge un quadro oscuro e inquietante dove personalità eccellenti e ben annidate dentro i gangli del potere si uniscono, in un patto eversivo, per mandare all’aria qualsiasi progetto di apertura verso l’Europa e intimidire tutte le voci contro, come lo stesso Dink. Secondo gli osservatori è molto probabile che la retata di oggi risponda anche all’obiettivo di prevenire possibili azioni terroristiche in vista della presentazione in parlamento del nuovo articolo 301 del codice penale (come chiesto anche dall’Ue) che attualmente punisce chiunque offenda la “turchicità” dello Stato.


H.D

 
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