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24 10 2007- Appello degli ARMENI agli EURODEPUTATI
Dal l'OPINIONE- quotidiano politico italiano.:
Armeni, un appello agli eurodeputati
di Stefano Magni
Oggi la comunità armena italiana presenterà il testo di un appello destinato ai nostri eurodeputati, in cui si chiede di vincolare il processo di adesione della Turchia alla fine del suo negazionismo sul genocidio armeno. L’appello recita testualmente: “Accanto a coloro che ritengono fermamente che sia immorale sorvolare sulla politica negazionista turca a discapito dei principi di diritto e di etica sui quali si fonda il Consesso europeo, vi sono taluni settori del Parlamento che credono sia opportuno agevolare il percorso turco di adesione alla UE omettendo di inserire nell’agenda politica dei colloqui argomenti che suscitino l’irritazione di Ankara: fra questi, appunto, il riconoscimento del Genocidio armeno. Tale politica, definibile di ‘opportunità’, rischia tuttavia di scavare un solco incolmabile tra le aspirazioni turche e la Comunità Europea: non è, infatti, nascondendo la propria storia, o rinnegandola, che la Turchia potrà entrare a far parte della storia d’Europa, anzi siamo convinti che accondiscendere all’intolleranza dei negazionisti, significa togliere alla società turca il diritto di maturare democraticamente verso quegli standard richiesti a tutti i paesi membri dell’Unione”.

Non si tratta di una mera polemica intellettuale, ma di attualità più scottante. Lo storico turco Taner Akçam (professore all’Università del Minnesota) è tuttora minacciato di morte dagli ultra-nazionalisti turchi, è sottoposto a un vero e proprio linciaggio mediatico in Turchia. La sua unica “colpa” è, appunto, quella di aver osato parlare del genocidio armeno. L’eurodeputata Marie Arlette Carlotti ha creato un comitato ad hoc per la mobilitazione in sua difesa, per garantirne l’incolumità da possibili attentati. Il rischio è concreto: i movimenti ultra-nazionalisti turchi sono molto attivi anche in Europa. Prova ne è che la scorsa domenica 21 ottobre, a Bruxelles, i nazionalisti hanno manifestato violentemente di fronte all’ambasciata degli Stati Uniti, poi hanno dato l’assalto a un locale curdo e attaccato un caffè gestito da armeni. La polizia belga, prontissima a reprimere manifestazioni pacifiche, come quella organizzata contro l’islamizzazione dell’Europa lo scorso 11 settembre, evidentemente non è riuscita a frenare la violenza multietnica che si è scatenata nei quartieri della capitale domenica scorsa.

Anche negli Stati Uniti, tutte le volte che Taner Akçam tiene una conferenza, deve essere protetto dalla polizia, in seguito alle manifestazioni violente e alle minacce di gruppi di estremisti turchi. E il giornalista Hrant Dink è stato assassinato a Istanbul nemmeno un anno fa (il 19 gennaio scorso) per gli stessi motivi e dopo un linciaggio mediatico e intellettuale simile a quello che sta subendo attualmente Akçam. Il figlio di Hrant Dink, Arat Dink, è stato condannato a un anno di carcere per aver usato il termine “genocidio” riferito all’omicidio di massa degli Armeni del 1915-1918. L’accusa è di “oltraggio all’identità nazionale turca”. Questi fatti sono doppiamente gravi: da un lato la Turchia nega la libertà di ricerca e di espressione ai suoi storici, in aperta violazione ai principi europei sulla libertà individuale di pensiero. Dall’altro, perseguendo una politica negazionista, la Turchia dimostra di non rigettare l’ideologia nazionalista che, nel 1915, fu alla base del genocidio. Intellettuali dissidenti come Taner Akçam sperano che il governo di Recep Tayyp Erdogan e la nuova presidenza di Abdullah Gul, possano cambiare qualcosa.

V.V

 
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