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23 10 2007 - "Troppo silenzio su chi odia Israele"
Repubblica 22.10.07

Nervosismo alla mensa di Benedetto XVI fra rappresentanti delle religioni Il convegno di sant'Egidio. La Comunità: niente screzi, solo il confronto Il rabbino richiama il patriarca "Troppo silenzio su chi odia Israele" dal nostro inviato MARCO POLITI

NAPOLI - Pranzo vivace alla mensa di Benedetto XVI nel seminario arcivescovile di Capodimonte. Il rabbino capo d'Israele Yona Metzger gioca di fioretto con i suoi vicini di tavolo: un patriarca libanese e un professore musulmano. "Sono preoccupato per la sorte dei cristiani nel Libano", afferma il libanese Aram I che ha il titolo di Katholikos degli Armeni di Cilicia. "Sono preoccupato anche io - ribatte il rabbino capo ashkenazita d'Israele - ma non possiamo stare zitti per paura quando c'è uno stato come l'Iran che vuole la distruzione di Isreale".

Un vivace scambio di idee che riflette il clima di tensione e di nervosimo che regna in Medio Oriente, lontano dal clima sereno del convegno di Napoli. I
responsabili di Sant'Egidio negano che vi sia stato un "battibecco", ma proprio la lunga opera di tessitura di rapporti che la comunità sta conducendo da vent'anni rende possibile che persone di fedi diverse, con posizioni diverse, possano discutere apertamente come colleghi di questioni sulle quali magari non sono d'accordo.

Le voci filtrate dal seminario arcivescovile parlano d'altronde di un diplomatico e bonario intervento di salvataggio ad opera dello stesso papa Ratzinger. Protagonisti ancora il rabbino capo Yona Metzger e l'intellettuale Ezzedin Ibrahim, fondatore dell'università negli Emirati Arabi. Mentre Ibrahim,
passando dal fagottino di melanzane al medaglione di vitello con patate gratinate, sta elogiando il clima di pace che regna nel convegno, Metzger lancia attraverso il tavolo l'osservazione che "vi sono anche musulmani che compiono azioni violente nel mondo". Papa Ratzinger, costantemente attento alla
conversazione sempre più sciolta che si svolge alla sua mensa, interviene allora sorridendo: "Questo è tutto lavoro per la Comunità di Sant'Egidio".

Dietro questo nervosismo c'è la grande incognita che aleggia su tutti i protagonisti che vivono in Medio Oriente. Molto più che in Europa i leader
religiosi e politici dei paesi mediorientali si stanno interrogando su se e sul quando scoppierà una nuova, devastante guerra lanciata dagli Stati Uniti (e
forse con la cooperazione di Israele) contro l'Iran per fermare in anticipo la possibilità che Teheran sviluppi il suo programma nucleare, andando al di là
delle utilizzazioni pacifiche e dotandosi di armi atomiche. I programmi ventilati già mesi fa negli Stati Uniti e in ambienti isrealiani ed il recente
veto di Putin ad azioni militari hanno fatto salire di molto la tensione, in termini che in Occidente non riusciamo nemmeno ad immaginare.

Non è un caso che il premier Prodi abbia sottolineato ieri che "bisogna favorire la riconciliazione tra i popoli del Medio Oriente" e che le religioni hanno una rnde "responsabilità" e comunque "non devono dare direttamente o indirettamente legittimazione ad azioni di morte".

Andrea Riccardi, leader di Sant'Egidio, nella relazione iniziale ha esortato ad un salto culturale: il ripudio della cultura del disprezzo. Il virus del disprezzo contro gli ebrei, ha affermato, ha prodotto la Shoah, il disprezzo ha rovinato i rapporti tra musulmani e cristiani. Il disprezzo alimenta il terrorismo.


(22 ottobre 2007)


V.V

 
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