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30 03 2007 - Il Congresso Usa valuta una risoluzione che riconosca il genocidio armeno
Stati Uniti - 28.3.2007
Tra passato e presente ;
Il Congresso Usa valuta una risoluzione che riconosca il genocidio armeno. Mala Turchia protesta e l'amministrazione Bush frena L'ombra della strage di armeni durante la Prima guerra mondiale torna sulla Turchia, questa volta provocando tensioni con gli Stati Uniti in un momento già difficile per le relazioni tra i due Paesi. Il Congresso di Washington sta infatti valutando una proposta di risoluzione per riconoscere ufficialmente che quello dell'ex impero ottomano contro la comunità armena fu un genocidio. I parlamentari turchi hanno esortato i loro omologhi statunitensi ad abbandonare
il testo. E l'amministrazione Bush sta cercando di convincere il Congresso a lasciare che della questione se ne occupino turchi e armeni.

La proposta. L'idea della risoluzione 106 è venuta ad Adam Schiff, un democratico della California eletto in un collegio dove la comunità armeno-americana ha un certo peso (negli Usa sono oltre un milione). Secondo
Schiff, è importante che gli Usa riconoscano il genocidio anche se la Turchia è un alleato di Washington. Anzi, ancor più per questo motivo: “Bisogna parlare francamente con gli amici”, ha detto. “Credo che l'ultimo atto di un genocidio sia la negazione del genocidio”. Schiff aveva già spinto per una risoluzione
simile nel 2004. Ma a quel tempo il Congresso era dominato dai repubblicani, e il presidente Bush ebbe gioco facile nell'osteggiare il testo. “Continuano a
dire che ora non è il momento di sollevare il tema”, si è lamentato Schiff. “Ma sono passati novanta anni. Se non è ora il momento, quando lo sarà?”.

Rapporti tesi. La proposta di risoluzione, che sarebbe non vincolante e quindi non rischierebbe un veto presidenziale, approderà in aula al Congresso ad
aprile e ha già ricevuto l'appoggio di decine di senatori e rappresentanti. Ma non è detto che passerà, specie al Senato dove i democratici hanno una
maggioranza risicata. Il rapporto degli Stati Uniti con la Turchia, Paese da quarant'anni nella Nato, è teso. Le relazioni si sono guastate dall'inizio della guerra in Iraq, quando il governo di Recep Tayyip Erdogan proibì agli Usa di utilizzare il suo spazio aereo per i voli militari. Mentre da anni i sondaggi mostrano un crescente anti-americanismo nella società turca, al
momento Ankara guarda con nervosismo alla crescente autonomia dei curdi nel nord dell'Iraq, temendo che la regione diventi un catalizzatore per le rivendicazioni di indipendenza dei curdi nel sud-est della Turchia. A
complicare la questione c'è anche il risveglio della guerriglia del Partito dei lavoratori curdi (Pkk): le autorità turche credono che i ribelli abbiano le
loro basi nel nord dell'Iraq, hanno già minacciato di compiere operazioni militari oltre confine per combatterli, e sostengono che gli Usa non si
preoccupano del problema. Infine, Turchia e Stati Uniti stanno trattando la vendita di oltre cento aerei militari, che porterebbero nelle casse statunitensi circa 10 miliardi di dollari (circa 7,5 miliardi di euro).

Le reazioni. Così, la settimana scorsa Condoleezza Rice ha spiegato che l'amministrazione Bush non appoggerà la risoluzione 106. Intervenendo davanti alla commissione della Camera che sta valutando il documento, il segretario di Stato ha detto che la questione dovrebbe essere risolta da turchi e armeni, mentre gli Usa farebbero meglio a restarne fuori. “Li abbiamo incoraggiati a istituire commissioni di storici, affinché esaminino il loro passato”, ha dichiarato. Il presidente del Parlamento turco Bulent Arinc, a nome del resto dei suoi colleghi, ha spedito una lettera alla Speaker della Camera Usa Nancy Pelosi (anche lei una sostenitrice della 106), esortandola a far cadere il testo. E nel dibattito è intervenuto anche un generale statunitense, sostenendo che l'approvazione della risoluzione nuocerebbe alle forze armate Usa in Iraq.

Gli altri Paesi. Risoluzioni simili sono già state introdotte da una ventina di Paesi, tra cui l'Italia. Lo scorso autunno l'Assemblea nazionale francese
approvò una proposta di legge che configurava la negazione del genocidio armeno come un reato. Il testo non è riuscito poi a passare al Senato, ma anche quell'approvazione parziale provocò le ire di Ankara. Le conseguenze per gli Stati Uniti potrebbero essere però meno gravi del previsto. In passato, Washington ha già toccato il tema: nel 1981 Reagan riconobbe il genocidio armeno in un discorso sull'Olocausto, tre anni dopo il Congresso indisse una giornata della memoria. E nonostante qualche inasprimento temporaneo, i buoni rapporti tra i due Paesi sono proseguiti.

V.V

 
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