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14 03 2007- In Turchia è aperto un dibattito sulla controversa legge a causa della quale sono stati perseguitati ...
Da tempo in Turchia è aperto un dibattito sulla revisione della controversa legge a causa della quale sono stati perseguiti intellettuali come lo scrittore Orhan Pamuk, processato per aver parlato apertamente del genocidio armeno, e Hrant Dink, un giornalista armeno turco ucciso lo scorso gennaio da un
estremista turco.
Paul Doany, presidente di Turk Telecom, il più grande provider di telecomunicazioni turco, ha detto che la sua azienda ha immediatamente attuato il blocco. «Non siamo nella posizione di dire se il video su YouTube fosse un insulto e se fosse giusto o sbagliato bloccarlo.
È stata una decisione presa dal tribunale e noi ci siamo adeguati», ha detto Doany, il cui provider, ex monopolio di stato privatizzato nel 2005, viene utilizzato dalla maggioranza degli utenti turchi.
Fino a qualche giorno fa, erano circa 400 i video presenti su YouTube denigratori di Ataturk ritratto come omosessuale.
Sullo sfondo della vicenda emergono inoltre i secolari attriti tra Grecia e Turchia. Non a caso, le immagini incriminate su Ataturk fanno parte di una serie di video di origine greca usati per condurre una sorta di “guerra virtuale” contro i turchi. Da circa una settimana, infatti, sono apparsi su YouTube filmati, inseriti da utenti greci, che offendono i turchi, i quali, a loro volta, hanno risposto con altrettanti video ingiuriosi nei confronti degli avversari. La lotta online è proseguita fino a quando sono apparse le prime immagini in cui il padre della moderna Turchia è associato a contenuti omosessuali, di fronte alle quali è intervenuto il tribunale.
La vicenda porta nuovamente in primo piano il problema della censura in Turchia, un Paese dove la libertà di espressione è ancora limitata.
A fronte dei video chiaramente insultanti ai danni della Turchia sarebbe stato più che legittimo da parte di Istanbul avviare una protesta formale o un’azione diplomatica presso Atene.
A suscitare perplessità è infatti lo strumento usato per reagire alle calunnie, ovvero la censura.
È singolare, inoltre, che la sentenza a difesa della laicità turca giunga in un periodo in cui proprio questo principio sia non di rado violato sotto la spinta di correnti islamiche interne alla Turchia e accantonato se scomodo rispetto a interessi di natura religiosa o politica.
La controversia, tra l’altro, non favorirà l’ingresso della Turchia nell’Unione europea che, in vista dell’adesione, monitorizza attentamente il rispetto dei diritti umani nel Paese di Ataturk e ufficialmente condanna la censura.
Riguardo all’adesione di Ankara alla Ue, si è espresso il candidato alla presidenziali francesi Nicolas Sarkozy che, in un testo di prossima pubblicazione su l’Indipedente, ha affermato senza mezzi termini: «La Turchia non è un Paese europeo e non può fare parte dell’Unione europea».
«L’Europa deve avere una sua identità e delle frontiere - ha detto ancora Sarkozy - perché un’Europa senza frontiere diventerebbe una sottospecie di
Onu».

V.V

 
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