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Reportage: "Il volto della Siria" - Passato e presente nelle stanze dell'Hotel Baron
di Antonio Ferrari - Il Corriere della Sera
«Molti stranieri mi chiedono se siamo oppressi. Non hanno ancora capito che le minoranze, qui, vengono rispettate?»

ALEPPO (Siria) - Il centenario hotel armeno «Baron», celebre in tutto il Medio Oriente, è un edificio fatiscente che lotta per sopravvivere, esibendo fieramente le rughe della vecchiaia. Disponibile persino ad accogliere uno stonato computer, per le prenotazioni via Internet. L' albergo non offre lussi e moderne comodità, ma garantisce uno struggente bagno di storia. L' antica placca metallica laccata d'azzurro e incastonata all' ingresso, ricorda che il «Baron» fu «affiliato all'Automobile club d'Italia», e dalle cantine hanno recuperato ed esposto un delizioso manifesto del famoso treno Orient Express. «Londra- Bagdad in soli 7 giorni. Sicurezza, rapidità ed economicità». Tre promesse forse un po' pretestuose.

La robusta addetta al ricevimento porge a un giovane cameriere quattro chiavi, chiamandole rispettosamente per nome. Aprono altrettante stanze, che si trovano lassù, in cima allo scalone. «Ecco la 213, la suite dove scendeva il defunto presidente siriano Hafez el Assad; questa è la 203, dove Agatha Christie scrisse i suoi gialli più famosi; laggiù dormiva Charles Lindbergh. E ora le faccio vedere quella che mi ha chiesto, la 202». I mobili sono d' epoca, la luce artificiale tenue e rispettosa, il letto ovviamente non è più lo stesso ma l' ingresso nella minuscola camera provoca una particolare emozione. Qui dormì per almeno un anno, ogni fine settimana, Lawrence d' Arabia. «Allora, nel 1912, era semplicemente il signor T.E. Lawrence, giovane archeologo britannico, cliente gentile e taciturno». Che di lì a poco sarebbe diventato un mito. «Too big for wealth and glory», troppo grande per avere ricchezza e gloria. «Soddisfatto?» La voce stentorea di Armen G. Mazloumian, proprietario dell'Hotel, ci riporta al presente e alle mille domande su una Siria che pochi conoscono davvero e che si sente sempre più isolata e minacciata.

Si ode il rombo di due aerei, però nessuno si scompone. Non si tratta di caccia israeliani in missione punitiva, ma di alati guardiani locali, che pattugliano il cielo perché sono in arrivo il re e la regina di Spagna. Due ospiti, in visita di Stato, ai quali è stata riservata un' accoglienza che va ben oltre gli obblighi protocollari. Re Juan Carlos viene da un Paese che durante la guerra all' Iraq era al fianco degli Usa, che è tra i più fedeli e convinti alleati di Washington ma che considera la Siria «una nazione amica». È il primo leader dell' Ue a scendere nel Paese, dopo il bombardamento di un campo dove, secondo il governo israeliano, si addestravano i terroristi palestinesi. Il trattamento che gli hanno riservato è quasi un disperato appello: «Aiutateci!». Ad Aleppo, la più levantina e insieme la più europea e sofisticata città siriana, tutti conoscono Armen G. Mazloumian. Non soltanto perché il suo bisnonno, di ritorno da un pellegrinaggio a Gerusalemme, progettò la costruzione dell' albergo, e perché suo nonno e suo padre lo realizzarono, ospitando i disperati connazionali che fuggivano dalle persecuzioni dei turchi. Questo cortese signore di 52 anni è il personaggio più rappresentativo dei 50.000 armeni (ortodossi, cattolici e protestanti) della città, dispersi fra oltre due milioni di musulmani. «Molti stranieri mi chiedono se siamo oppressi da un regime che non è mai stato tenero con le minoranze. Quanta ignoranza! Non hanno ancora capito che le minoranze, qui, vengono rispettate? Per quanto ci riguarda, dico di più: coccolate. Noi godiamo di un trattamento di riguardo, siamo quasi dei privilegiati. Il regime, semmai, è molto duro con le frange estremiste della maggioranza musulmana». Un tempo vi era anche una robusta comunità ebraica, ma dopo la decisione di Hafez el Assad di lasciarla partire, quelli che sono rimasti ad Aleppo si contano sulle dita di due mani. Tuttavia in città e anche a Damasco gli ebrei raccontano che molti di coloro che se ne sono andati stanno cercando invano di rientrare.

Vuole forse raccontarmi che qui regnano democrazia e libertà? «No, però il complesso delle libertà individuali è superiore a quello dei Paesi del Golfo», dice il proprietario del «Baron». «Oltre all' Armenia, questo è il posto dove ci sentiamo più sicuri». Gli armeni non sono arabi, ma dei siriani hanno tutti i diritti, senza mai tradire la propria appartenenza. Si sposano tra loro, sono grandi lavoratori (commercianti, artigiani, piccoli industriali), e sono ritenuti cittadini affidabili e onesti. Anche perché stanno alla larga dalla politica attiva, evitando di infastidire i servizi di sicurezza che hanno orecchie in ogni angolo del Paese. Nei bar di Aleppo, ai piedi della maestosa fortezza che si staglia nel cuore della città vecchia, ovviamente anche gli armeni discutono di politica. Ma è sempre politica regionale: Israele, Usa, Iraq, i sospetti di un complotto contro Damasco. Nessuno, proprio nessuno, pare convinto che Bush possa pianificare una guerra alla Siria. Per Armen Mazloumian, «Israele potrebbe tornare a colpire, ma Washington si guarderà bene da una nuova avventura militare. E poi non ne avranno il pretesto. Al massimo cercheranno di isolare ancor più il Paese. Ecco perché speriamo in un'Europa con maggior potere decisionale».

Ad Aleppo vi sono 13 scuole e seimila studenti armeni. Kayanè Iumbalian, una bella signora che al mattino insegna inglese e il pomeriggio assiste le famiglie più povere, sostiene che la vera discriminante è la disoccupazione. «L'economia va male, i posti di lavoro si assottigliano anche perché per sopravvivere molti hanno due impieghi. Qualcuno, nella comunità, sta pensando di andare a vivere in Armenia. A noi nessuno impedisce di partire e rientrare, ma io, quando sono lontana, soffro di nostalgia. Del genocidio del nostro popolo il mondo non vuol parlare. Qui, almeno, siamo liberi di proteggere la nostra memoria».

La popolazione

ETNIE Su sedici milioni di abitanti, il 54,5 per cento dei quali concentrati nelle aree urbane, la Siria conta un 90 per cento di arabi, un 9 per cento di curdi, concentrati nelle regioni nordorientali, e un 1 per cento di altre nazionalità: fra questi i 50 mila armeni di Aleppo.
RELIGIONI I musulmani sono l' 86 per cento della popolazione, i cristiani il 9 per cento e i drusi il 3 per cento. Vi è anche una sparuta minoranza ebraica. Lo Stato è improntato a principi di laicità LINGUE La lingua ufficiale è l' arabo ma si parlano anche l' aramaico (la lingua usata in Palestina al tempo di Gesù), l' armeno, il circasso e il curdo.