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«La Turchia non ci dà ancora pace»
L’ambasciatore armeno: negano il nostro olocausto e ci chiudono i confini

Giulio Ferrari

La Turchia in Europa non è semplicemente un “nonsense” geografico, storico e culturale. E neppure soltanto una bomba a tempo dal punto di vista religioso, demografico e della nostra sicurezza. L’ingresso nel consesso virtuale del Vecchio Continente aprirebbe anche una irrisolta “questione morale” dai pesanti risvolti diplomatici. In questa sciagurata ipotesi, il Paese della Mezzaluna diventerebbe infatti l’ultimo lembo di Europa a Sud-Est e le frontiere turche, che in tal caso coinciderebbero con quelle europee, sarebbero l’ultimo bastione di Bruxelles verso un Paese e un popolo che dai turchi ha subito l’inenarrabile ed è tuttora considerato “nemico” da Ankara: l’Armenia. Ergo, il comportamento odioso e minaccioso della Turchia nei confronti degli armeni apparirebbe in qualche modo come l’atteggiamento europeo.

Una prospettiva inaccettabile per l’ambasciatore in Italia della Repubblica d’Armenia, Gaghik Baghdassarian, che, seppure a titolo personale, esprime profonda amarezza nel vedere il Paese responsabile di uno dei più terribili e impuniti genocidi della storia proporsi come partner di Stati leader della civiltà occidentale.

- Ambasciatore, la nazione che si macchiò dell’olocausto armeno prenota un posto a Bruxelles senza aver neppure chiesto scusa per i suoi crimini contro l’umanità. Come è vissuta questa circostanza in Armenia, dove è ancora aperta la ferita di quel terribile genocidio?

- Oggi la Turchia pretende di entrare in Europa ed alcuni Paesi europei, l’Italia in primo luogo, l’appoggiano. Non sta agli armeni accogliere Ankara nella Comunità europea, questo è compito degli Stati europei. Ricordiamoci, però, che alla base dell’Europa vi sono valori universali quali il rispetto dei diritti umani e la loro tutela. Fanno parte di questa Europa Paesi come la Germania che ha ammesso le proprie responsabilità nei confronti della shoa e la Repubblica italiana che lo ha fatto nei confronti del fascismo...

- La Turchia, invece, rifiuta con arroganza di fare i conti con il proprio passato. Forse per il governo di Ankara, che pure si pretende democratico e civile, certe efferatezze non hanno un gran peso.

- Il riconoscimento di qualsiasi genocidio è importante per tutti, a prescindere da chi lo abbia subìto. Anzi, lo è forse di più per chi lo ha perpetrato. Gli armeni non hanno mai smesso di lottare per il riconoscimento del genocidio del 1915. Sono stati pubblicati in merito migliaia di documenti, testimonianze dei sopravvissuti e dei testimoni oculari, centinaia di libri; sono state approvate decine di risoluzioni degli organismi internazionali, dei parlamenti di vari Paesi, dei consigli regionali e comunali. Anche se ci sono ancora degli Stati che per motivi di realpolitik non lo hanno riconosciuto ufficialmente, nessuno al mondo agisce come la Turchia, un Paese che nega la realtà dei fatti. Quindi possiamo anche considerare il genocidio armeno de facto riconosciuto. Nel caso dei genocidi, però, il riconoscimento de facto non è sufficiente. Per il riconoscimento de jure manca quello della Turchia, che continua la sua politica negazionista.

- Una palese dimostrazione di disprezzo dei valori che reggono la stessa Ue: come si può sostenere che i turchi siano pronti a entrare in Europa?

- Penso che la Turchia adesso non sia pronta neppure per cominciare le trattative. Resta aperta l’ammissione del genocidio, che è una delle questioni più importanti perchè non è concepibile che un Paese si porti appresso questo pesante fardello, ma ci sono anche tantissimi altri problemi.

- E tra questi...

- Per esempio la situazione delle frontiere tra i nostri due Stati. Da oltre dieci anni l’Armenia è bloccata dalla Turchia che mantiene i confini chiusi, impedendo per quanto la riguarda qualsiasi relazione verso l’esterno. Se la Turchia diventa Europa, vuol forse dire che sarà la Ue a bloccarci?.

- Il boicottaggio di un Paese libero non è un bel biglietto da visita per la Turchia. Però dal punto di vista delle libertà civili qualche passo avanti Ankara sembra averlo compiuto. O no?

- Sotto l’aspetto dei diritti umani la Turchia ha ancora un sacco di problemi. Passi avanti? Solo sulla carta, non credo che siano effettivi. Il fatto è che il Paese deve prima cambiare mentalità per aderire alla mentalità della Unione europea, non bastano i decreti.

- E si ritorna allora alla “confessione” dell’olocausto armeno. Che, oltre ad essere un atto dovuto, rappresenterebbe una svolta significativa in materia di libertà d’espressione...

- Sul genocidio degli armeni per lungo tempo in Turchia non c’è stato nulla. Ultimamente, invece, si cominciava a leggere abbastanza anche qui, per l’iniziativa di gruppi d’intellettuali che vogliono conoscere. Ebbene, una quindicina di giorni fa è stata varata una legge che punisce chi usa la parola genocidio: altro che libertà di espressione!

- Insomma, nella storia turca resta un preoccupante buco nero. D’altra parte non stupisce che questo accada in un Paese islamico. Quanta parte ha avuto nella pulizia etnica degli armeni la “colpa” di essere cristiani?

- La professione religiosa cristiana ha influito sicuramente, non ha caso gli armeni erano chiamati con disprezzo infedeli. E infatti c’è una costante in questo sterminio, che non è solo un episodio circoscritto al 1915. Siamo di fronte a un genocidio durato 23 anni. I massacri iniziano già alla fine dell’800 e durano sino agli anni Venti. Nel ’15-18 si assiste al picco, ma la persecuzione in realtà non si è mai fermata. Si tratta di una eliminazione di massa pianificata, organizzata: sono stati rinvenuti documenti turchi che lo attestano. Infatti i primi riconoscimenti del massacro sono proprio di parte turca: nel 1919 un tribunale militare condannò a morte gli organizzatori del genocidio per ingraziarsi le potenze europee. Poi, però, le sentenze non furono applicate e gli assassini vennero lasciati liberi.

Non è da oggi che Ankara getta fumo negli occhi degli occidentali...