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Una formula originale tra '400 e Avanguardia
di Enrico Girardi i - Il Corriere della Sera
La viola di Kim Kashkashian fa da base rigorosa in «Praise of Dreams» al suo sax che improvvisa

ROMA - Pacato, i tratti gentili, il gusto per la battuta spiritosa ma senza voler piacere a tutti i costi. E nella sua garbata affabilità Jan Garbarek è pur sempre un uomo del profondo nord, dentro cui si legge la necessità del distacco, la volontà di coltivare le proprie passioni senza esibirle. Né l'artista si propone diversamente dall'uomo. A prima vista potrebbe apparire un musicista «globalizzato» che si lascia attrarre dalle primitive polifonie del '400 tanto quanto dalle nuances di Debussy e Ravel, dal folclore dei diversi angoli di mondo come dall'Avanguardia radicale di Stockhausen, dall'armonia di Bach come dei viennesi Schönberg, Berg e Webern. Ma tutti questi stimoli vengono lasciati sedimentare dentro, forse riaffiorano forse no. Non sta lì il punto. Anziché fusione avvertita di vari ingredienti, la musica di Garbarek vanta un tasso elevato di originalità. E' la sua, di musica, contraddistinta da arcani profili melodici, linee lente e suggestive increspate da improvvisi scatti ornamentali, nonché da un gusto estremamente marcato per il timbro. Ed è un fatto timbrico quello che sta all'origine di «Praise of Dreams».
Garbarek racconta di aver sentito la viola di Kim Kashkashian, statunitense di origine armena, e di essersi innamorato di quel suono espressivo ma senza vibrato che piaceva tanto anche a Berio, come di voce non impostata ma cantabile, in fondo non così diversa da quella del suo sassofono.
Di lì l'idea del disco. Per confezionarlo, tuttavia, non ha cercato una contaminazione di tecniche esecutive. Kim è violista classica e dunque la sua parte gliel'ha scritta sul pentagramma. Lui è un sassofonista jazz e dunque ha improvvisato sulla base precedentemente creata dalla viola, dalle tastiere e dalle percussioni lievi di Manu Katché. Come dire: uniamoci, divertiamoci, ma ciascuno a suo modo.