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Iniziativa Culturale:

 

 

Brevi osservazioni su PROPOSTE PROGRAMMATICHE PER L’INTEGRAZIONE DEGLI
Loretta Caponi , il presidente delle Comunita Stranieri in Italia - 28 -02 -2011
• Analisi delle presenze e delle specificità delle comunità immigrate a Roma e nella regione Lazio. Una presenza che a livello nazionale ha superato il 7% , molto oltre la soglia di sicurezza individuata dai paesi a forte migrazione e che si presenta in Italia particolarmente frammentata in più di 200 nazionalità diverse.
• Illustrazione delle risorse programmate per l’immigrazione dal Comune , dalla Provincia e dalla Regione (se possibile)
• Linee di una possibile integrazione:
superamento della grave frattura che si è determinata tra i livelli istituzionali, in particolare quelli locali, e le comunità immigrate attraverso il riconoscimento istituzionale delle funzioni e dei compiti delle associazioni delle comunità tra l’altro stabiliti in senso limitativo già per legge (legge Bossi/Fini) così come avvenuto per altri settori e aree anche a livello nazionale – ad es.l’ambiente.

• Individuazione di un raccordo organizzativo, amministrativo e decisionale tra le due sfere quella pubblica e quella privata collettiva, collegata alla messa in opera di interventi idonei a superare e/o a limitare gli ostacoli che si frappongono al confronto e al dialogo tra le comunità nazionali immigrate e tra queste e l’articolazione amministrativa e legislativa locale.
• Individuazione di una idonea strumentazione per il governo dell’immigrazione che tenga conto delle specificità delle diverse comunità (numericamente diversificate o non adeguatamente strutturate secondo la legislazione italiana), che sia centralizzata in un unico soggetto decisionale e autonomo, non frammentato nei vari settori dell’amministrazione pubblica ( assessorati alla cultura, ai servizi sociali, alla sicurezza, al sindaco…) e che questo soggetto sia organizzato secondo principi di democrazia e su una base di pari dignità con il mondo dell’immigrazione.
• Proposta che prevede un soggetto autonomo dall’amministrazione comunale (un’Agenzia per l’immigrazione o una istituzione di coordinamento fra le varie istanze quelle pubbliche e quelle comunitarie) con un proprio bilancio e proprie funzioni, in cui coesistano esponenti dei vari livelli amministrativi, una consulta delle comunità immigrate con l’individuazione dei requisiti richiesti per la sua composizione che tengano conto delle peculiarità delle comunità immigrate e con una funzione consultiva obbligatoria anche per l’approvazione e l’operatività delle iniziative rivolte all’immigrazione e che operi anche con l’utilizzazione di strumenti consentiti ai cittadini autoctoni quali quelli referendari.
• Una c.d. camera di composizione già operante in Inghilterra, che organizzi paritariamente e programmaticamente i pareri espressi dalla consulta e gli interessi propri dell’amministrazione comunale, rappresentativi di quelli dell’insieme dei cittadini residenti.
• Un osservatorio per l’immigrazione, organismo di controllo dell’attuazione delle decisioni prese, dei soggetti responsabili e del budget previsto.

Questo insieme di regole condivise sembra essere l’unico strumento in grado di sviluppare nell’ambito delle comunità nazionali immigrate la conoscenza del sistema complessivo dell’amministrazione e dello Stato italiano, di realizzare un potere diffuso delle comunità sull’informazione e sull’attuazione delle decisioni prese e che abitui gli uni ( soggetti amministrativi) e gli altri (soggetti comunitari) al confronto e al dialogo su un piede di parità e nel rispetto dei principi democratici.


Se su questa base riteniamo possibile superare barriere e handicap, stereotipi di vario genere, incongruenze e difficoltà dovuti in particolare alla mancanza di reciproca conoscenza e se come sembra si inizia timidamente a livello locale ( proposta da parte del Comune di una consulta comunale dell’associazionismo immigrato ancora intriso di paternalismo e di discriminazioni), nazionale (ratifica della direttiva europea con legge del ’94 sulla partecipazione degli immigrati a livello locale e il patto per l’integrazione varato dal governo) e europeo ( numerose prese di posizione del parlamento europeo, la funzione del FEI per l’integrazione) ad affrontare l’importanza degli
organismi associativi comunitari come strumenti prioritari nel lungo percorso dell’integrazione, è naturale porsi alcune domande :
1. in primo luogo si deve conoscere chi sono i destinatari: cittadini provenienti da stati non appartenenti all’U.E. o anche cittadini immigrati comunitari, considerate le differenti problematiche ma anche le medesime condizioni sociali, economiche e discriminanti.
2. in secondo luogo la strumentazione predisposta per gli immigrati e per la loro partecipazione è tutta concentrata sui compiti e le funzioni della regione, delle province e dei comuni. La partecipazione degli immigrati, come sempre, è relegata a una assemblea regionale o comunale o provinciale, sulla base di un processo costitutivo complesso e lungo.Questa assemblea generalmente ha esclusivamente una funzione consultiva non obbligatoria. Inoltre la previsione di una consulta formata da molti esponenti di associazioni e organismi italiani e da pochi cittadini stranieri cooptati mortifica le comunità immigrate.
3. E’ inoltre ripetitivo l’elenco dei compiti della consulta ed anche dell’osservatorio come strumento di garanzia organizzato per il sostegno tra l’altro alle reti territoriali di sportelli e che prevede la partecipazione non retribuita dei rappresentanti della società civile e quella retribuita relativa ad operatori con esperienza nel settore dell’immigrazione. Le comunità immigrate non sembra che possano intervenire a livello regionale (secondo la nuova legge della R.L.) neppure nell’organizzazione della conferenza regionale dell’immigrazione, nelle iniziative a favore dei rifugiati e negli interventi di promozione in materia sanitaria e di incentivazione per il diritto allo studio.
4. in che cosa allora si estrinseca e si palesa la partecipazione delle comunità immigrate , le loro precipue funzioni , al di là dell’esposizione dei loro diritti, la ricerca di regole condivise e l’approccio anche limitato ai principi della democrazia ?
5. sembra che si voglia allargare la frattura fra i livelli istituzionali e le comunità nazionali immigrate. Né si vuole affrontare congiuntamente un percorso di integrazione che presuppone conoscenza e fruizione di un primo diritto fondamentale, quello dell’ esercizio dei principi di democrazia; e ciò genera un grave elemento di discriminazione con i cittadini autoctoni. E allora chiamiamo questa legge “ compiti e funzioni della regione e degli enti locali in base alla legge Bossi/Fini “ e non , per favore, “interventi per la promozione dei diritti e la piena uguaglianza dei cittadini migranti”


Roma 28/02/2011
FORUM delle Comunità Straniere in Italia
Il presidente






Osservazioni n.2
Brevi osservazioni su
PROPOSTA PER L’INTEGRAZIONE DEGLI
IMMIGRATI COMUNITARI ED EXTRACOMUNITARI

• Analisi delle presenze e delle specificità delle comunità immigrate a Roma e nella regione Lazio. Una presenza che a livello nazionale ha superato il 7% , molto oltre la soglia di sicurezza individuata dai paesi a forte migrazione e che si presenta in Italia particolarmente frammentata in più di 200 nazionalità diverse.
• Illustrazione delle risorse programmate per l’immigrazione dal Comune , dalla Provincia e dalla Regione (se possibile)
• Linee di una possibile integrazione:
superamento della grave frattura che si è determinata tra i livelli istituzionali, in particolare quelli locali, e le comunità immigrate attraverso il riconoscimento istituzionale delle funzioni e dei compiti delle comunità tra l’altro stabilite in senso limitativo già per legge (legge Bossi/Fini) così come avvenuto per altri settori e aree anche a livello nazionale – ad es.l’ambiente.

• Individuazione di un raccordo organizzativo, amministrativo e decisionale tra le due sfere quella pubblica e quella privata collettiva, collegata alla messa in opera di interventi idonei a superare e/o a limitare gli ostacoli che si frappongono al confronto e al dialogo tra le comunità nazionali immigrate e tra queste e l’articolazione amministrativa e legislativa locale.
• Individuazione di una idonea strumentazione per il governo dell’immigrazione che tenga conto delle specificità delle diverse comunità (numericamente diversificate o non adeguatamente strutturate secondo la legislazione italiana), che sia centralizzata in un unico soggetto decisionale e autonomo, non frammentato nei vari settori dell’amministrazione pubblica ( assessorati alla cultura, ai servizi sociali, alla sicurezza, al sindaco…) e che questo soggetto sia organizzato secondo principi di democrazia e su una base di pari dignità con il mondo dell’immigrazione.
• Proposta che prevede un soggetto autonomo dall’amministrazione comunale (un’Agenzia per l’immigrazione o una istituzione di coordinamento fra le varie istanze quelle pubbliche e quelle comunitarie) con un proprio bilancio e proprie funzioni, in cui coesistano esponenti dei vari livelli amministrativi, una consulta delle comunità immigrate con l’individuazione dei requisiti richiesti per la sua composizione che tengano conto delle peculiarità delle comunità immigrate e con una funzione consultiva obbligatoria anche per l’approvazione e l’operatività delle iniziative rivolte all’immigrazione e che operi anche con l’utilizzazione di strumenti consentiti ai cittadini quali quelli referendari.
• Una c.d. camera di composizione che organizzi paritariamente e programmaticamente i pareri espressi dalla consulta e gli interessi propri dell’amministrazione comunale, rappresentativi di quelli dell’insieme dei cittadini residenti.
• Un osservatorio per l’immigrazione, organismo di controllo dell’attuazione delle decisioni prese, dei soggetti responsabili e del budget previsto.

Questo insieme di regole condivise sembra essere l’unico strumento in grado di sviluppare nell’ambito delle comunità nazionali immigrate la conoscenza del sistema complessivo dell’amministrazione, di realizzare un potere diffuso delle comunità sull’informazione e sull’attuazione delle decisioni prese e che abitui gli uni ( soggetti amministrativi) e gli altri (soggetti comunitari) al confronto e al dialogo su un piede di parità e nel rispetto dei principi democratici.


Se su questa base riteniamo possibile superare barriere e handicap, stereotipi di vario genere, incongruenze e difficoltà dovuti in particolare alla mancanza di reciproca conoscenza e se come sembra si inizia timidamente a livello locale ( proposta di una consulta comunale dell’associazionismo immigrato ancora intriso di paternalismo e di discriminazioni), nazionale (ratifica della direttiva europea con legge del ’94 sulla partecipazione degli immigrati a livello locale e il patto per l’integrazione varato dal governo) e europeo ( numerose prese di posizione del parlamento europeo, la funzione del FEI per l’integrazione) ad affrontare l’importanza degli
organismi comunitari come strumenti prioritari nel lungo percorso dell’integrazione, è naturale porsi alcune domande :
6. in primo luogo si deve conoscere chi sono i destinatari: cittadini provenienti da stati non appartenenti all’U.E. o anche cittadini immigrati comunitari, considerate le differenti problematiche ma anche le medesime condizioni sociali, economiche e discriminanti.
7. in secondo luogo la strumentazione predisposta per gli immigrati e per la loro partecipazione è tutta concentrata sui compiti e le funzioni della regione, delle province e dei comuni. La partecipazione degli immigrati, come sempre, è relegata a una assemblea regionale, sulla base di un processo costitutivo complesso e lungo che risulta inattuabile, che ha esclusivamente una funzione consultiva non obbligatoria. Inoltre la previsione di una consulta regionale formata da 29esponenti di associazioni e organismi italiani e da 14 cittadini stranieri nominati dalle assemblee provinciali mortifica le comunità immigrate mentre è ripetitivo l’elenco dei compiti della consulta ed anche dell’osservatorio come strumento di garanzia organizzato per il sostegno alle reti territoriali di sportelli e che prevede la partecipazione non retribuita dei rappresentanti della società civile e quella retribuita relativa ad operatori con esperienza nel settore dell’immigrazione. Le comunità immigrate non sembra che possano intervenire neppure nell’organizzazione della conferenza regionale dell’immigrazione, nelle iniziative a favore dei rifugiati e negli interventi di promozione in materia sanitaria e di incentivazione per il diritto allo studio.
8. in che cosa allora si estrinseca e si palesa la partecipazione delle comunità immigrate , le loro precipue funzioni , al di là dell’esposizione dei loro diritti, la ricerca di regole condivise e l’approccio anche limitato ai principi della democrazia ?
9. sembra che si voglia allargare la frattura fra i livelli istituzionali e le comunità nazionali immigrate. Né si vuole affrontare congiuntamente un percorso di integrazione che presuppone conoscenza e fruizione di un primo diritto fondamentale, quello dell’ esercizio dei principi di democrazia; e ciò genera un grave elemento di discriminazione con i cittadini autoctoni. E allora chiamiamo questa legge “ compiti e funzioni della regione e degli enti locali in base alla legge Bossi/Fini “ e non , per favore, “interventi per la promozione dei diritti e la piena uguaglianza dei cittadini migranti”


Vahè V.