Una Banca Dati per gli artisti contemporanei
di Herman Vahramian

I discorsi sul fatturato globale prodotto dall’arte contemporanea (musei, mostre, eventi, produzione, diffusione, esportazione, gallerie, aste, biblioteche, editoria ecc.) risultano parecchio complessi. Tralasciando gli argomenti di tipo esclusivamente economico, l’arte contemporanea oggi ha un’importanza spesso decisiva nella formazione dei fatturati e talvolta costituisce uno dei richiami più forti della città moderna sotto il profilo del turismo culturale, producendo un indotto di notevole entità, soccorrendo altri settori “produttivi” in quanto supporto colto/prestigioso, si pensi agli esempi di New York, di Parigi, di Berlino, di Bilbao (ancora “alle prime armi”).

Fatturato globale e mercati internazionali
Per nessuno in Italia, che sia “del mestiere”, rappresenta più un mistero che il fatturato globale dell’arte contemporanea italiana si è negli ultimi tempi inesorabilmente assottigliato. Ciò si deve a una sfida generalizzata e diffusa causata dal crollo dei prezzi sul mercato, nonché all’intima convinzione degli operatori che le scuole artistiche italiane contemporanee offrono oggi scarse possibilità di “sfondamento” sui mercati internazionali. Le ragioni di questa situazione sono numerosissime.

La casualità delle mostre ed esposizioni organizzate dallo Stato, dalle Regioni, dai Comuni, il concentrarsi degli sforzi soprattutto in quegli ambiti che creano l’“evento”, la frantumazione del sistema museale, la mancanza di qualsivoglia coordinamento programmativo, la carente informatizzazione riguardante la “consistenza” dei musei e degli altri luoghi d’esposizione pubblici, la scarsità di “potere contrattuale” sia pubblico sia privato su scala internazionale, i dubbi sull’autenticità delle opere “consolidate” disponibili.

Tutto ciò impedisce che vengano disposti ulteriori investimenti per nuovi canali di smercio e distribuzione, e crea l’immagine di un mercato “sporco”, in ultima analisi inaffidabile, e talvolta rischioso per l’acquirente.

Per contrastare una decadenza ancora maggiore del mercato e anche - perché no? - per creare un approccio più concreto e fiducioso all’arte contemporanea, si vuol proporre al ministero dei beni culturali la creazione di una Banca dati delle opere degli artisti contemporanei.

Essa dovrebbe offrire la possibilità di una conoscenza globale del fenomeno nei suoi diversi aspetti: produttivi, distributivi, commerciali, relativi alla consistenza qualitativa, alla disponibilità e forse anche alla valutazione.

Essa potrebbe, inoltre, diventare uno strumento di lavoro indispensabile nei diversi campi organizzativi e didattici: musei, fondazioni, fiere, esposizioni, critica, accademie, università, centri di ricerca, case d’aste, gallerie, mercanti d’arte, giornalismo.
Perché è necessaria una banca dati informatizzata? Non bastano i vecchi buoni cataloghi generali cartacei delle opere artistiche normalmente in vendita nelle librerie? No, oggi non bastano più Prima di tutto oggi gli spostamenti delle opere d’arte sono molto più veloci che nel passato.

Quando si è scritto sul catalogo che una certa opera d’arte si trova in Australia, forse quest0opera è già “emigrata” in Canada e poi negli Stati Uniti e poi

La rintracciabilità dell’opera d’arte contemporanea non è neppure lontanamente paragonabile a quella delle opere dei grandi maestri del passato, si pensi alle tele di un Rembrandt, di un Velasquez, che erano destinate a rimanere per sempre nel palazzo del committente originario.

Questa Banca dati raccoglierebbe tutte le informazioni indispensabili circa la produzione degli artisti viventi, residenti e operanti in Italia (in attesa che tale istanza venga recepita a livello europeo).

Costoro dovrebbero - dopo avere ottenuto un numero di catalogo dalle autorità competenti - inviare al ministero dei beni culturali i dati annuali relativi alla loro produzione, dopo averli inseriti in un proprio “registro delle opere” (cartaceo o elettronico) e dopo aver conferito ad esse un numero di serie - destinato a comparire anche sulle opere stesse.

In tal modo l’opera d’arte verrebbe dotata di una specie di “libretto di circolazione” in cui risulterebbero registrate le specifiche relative - per esempio: data d’esecuzione, dimensioni, eventuale tiratura, descrizione tecnica, riproduzione fotografica ed eventuali altri dati di riconoscimento per quelle opere che “debordano” dal mero ambito “oggettistico”.

Anno per anno – potranno essere inserite le variazioni intervenute, gli aggiornamenti e ulteriori altre informazioni (per esempio: opere distrutte, disperse, esposte, cambi di proprietà, ecc.), che andranno a completare altri dati trasmessi - direttamente e/o su segnalazione - da parte dei musei, gallerie, fondazioni, fiere, case d’aste, espositori, critici, collezionisti, uffici d’esportazione.

Uno strumento multiuso
La Banca dati si propone anche come uno strumento multiuso al servizio dell’artista. Essa diverrebbe infatti un catalogo delle disponibilità commerciali, e insieme un elenco dell’ “esistente” in magazzino: in caso di necessità un artista sarebbe in grado di fornire una lista delle opere disponibili al momento desiderato e soprattutto un catalogo generale (corredato da curriculum e da ogni altra notizia utile allo scopo) delle opere prodotte, della loro collocazione. Accessibile su scala mondiale, tale catalogo generale elettronico stabilirebbe fra l’altro una parità di trattamento fra tutti i produttori d’arte; sono pochi infatti gli artisti che riescono a farsi finanziare la stampa di un catalogo generale, il quale spesso è soggetto ad un rapido “invecchiamento” per l’arrivo di notizie ulteriori, aggiornamenti, scoperte, precisazioni, spostamenti di proprietà.

La Banca Dati contribuirebbe inoltre alla diffusione delle immagini elaborate all’interno degli ambiti più svariati (è esclusa una qualsivoglia selezione artistica e critica dei prodotti artistici), e per gli usi più diversi; per esempio fornirebbe dati alle agenzie editoriali e pubblicitarie, ai commercianti (quelli classici e quelli operanti in ambito elettronico, e-commerce) e diverrebbe uno strumento fondamentale per tutti coloro che hanno a che vedere con l’arte contemporanea, dagli organizzatori delle mostre fino all’ultimo mercante. Essa inoltre tutelerebbe i diritti d’autore, impedirebbe le imitazioni e i “furti” di idee da artista ad artista e faciliterebbe anche l’eliminazione dal mercato delle opere d’arte contraffatte, creando un immagine di fiducia e credibilità del mercato stesso.

Non è difficile immaginare che in un campo come quello dell’arte, dove i dati dell’evasione (fiscale o non), in possesso del ministero delle Finanze, hanno un linguaggio parecchio eloquente, diversi operatori del settore storcano il naso davanti alla prospettiva di una operazione di classificazione di questa portata.
Ma bisogna tener conto che, “tirando via qualche mattone da sotto un muro, alla fin fine è il muro che crolla”. È appunto quello che sta succedendo in questo momento.
È forse più redditizio, più intelligente, più lungimirante avere un mercato onesto e credibile, e pagare per questo anche il dovuto. In fin dei conti per ogni artista si aprono delle possibilità di disporre di un catalogo generale a costo zero. Un “portale” d’accesso di diffusione della conoscenza dei propri prodotti a livello mondiale.

È chiaro che un “catalogo generale” di questo genere potrebbe diventare un vero e proprio “Portale dell’arte italiana contemporanea” e rappresentare un centro importante di e-commerce sia virtuale (opere d’arte virtuali) sia reale (opere d’arte “tradizionali”: tele, sculture, installazioni, ecc.) negoziate sulla Rete e poi spedite per mezzo dei normali vettori.

Ma non è un progetto costoso
No, non si tratta né di comperare delle grandi attrezzature informatiche e di telecomunicazione, nè di impiegare un numero troppo elevato di addetti e di funzionari pubblici. Certo, un assegnazione di budget da parte del ministero deve essere prevista, ma questa spesa – non eccessivamente ampia - dovrebbe essere ammortizzata attraverso un “recupero di produttività” del settore artistico. La certezza che le opere sono autentiche e non contraffatte, che, se sono state rubate, sono rintracciabili nel “momento” dello smercio, perchè almeno nel nostro paese l’origine dovrebbe diventare certa, tutto ciò dovrebbe far aumentare le vendite facendo crescere la fiducia del potenziale acquirente. Inoltre, diffondendo a livello mondiale sull’intera Rete, le immagini di artisti, che altrimenti rimarrebbero sconosciuti, o al più conosciuti soltanto in ambito locale.

Un progetto step by step
La prima tappa di questo progetto non può che essere normativa, occorre cioè un decreto istitutivo, con la creazione di un apposito ufficio. La seconda tappa deve essere rappresentata da una comunicazione pubblica integrata, rivolta dall’amministrazione sia agli artisti, sia alle istituzioni pubbliche e private (musei, fondazioni, ecc.) che al potenziale mercato degli acquirenti (gallerie, mercanti, case d’aste, ecc.) La terza tappa dovrebbe consistere nel fornire agli artisti dei mezzi (i più semplici e i più standardizzati possibile) per iniziare la documentazione relativa alle opere d’arte prodotte all’ufficio competente. Nessun mezzo è più semplice di Internet, che oltretutto, con le sua caratteristiche multimediali può consentire di catalogare insieme immagini, parole, dati e suoni ove risulti necessario.

I principali utilizzatori della Banca dati
Come si è detto, facendo un calcolo molto approssimativo gli utilizzatori del Grande catalogo dovrebbero essere veramente tanti. Non è una costruzione mastodontica quella che si propone, ma certo in grado di servire a molte categorie, gli acquirenti, i mercanti d’arte, i direttori dei musei e fondazioni artistiche, le case d’aste, le accademie, le università, i critici, i giornalisti del settore e le riviste d’arte. E anche gli artisti, sì perché per esempio al momento di realizzare una personale l’artista ha bisogno di sapere dove si trovano le opere che vuole esporre.
Una Banca dati di questo genere, in generale, non dovrebbe essere sentita come una violazione della privacy, perchè quando si compra per esempio un automobile, non si sente violata la privacy per il fatto che l’automobile ha al proprio interno un numero di telaio o un numero di motore, o che per utilizzarla occorre avere un libretto di circolazione. Ma se per l’opera d’arte la sensibilità fosse maggiore e se qualcuno esigesse una maggiore privacy per l’opera d’arte acquistata, in questo caso, si potrebbero prendere delle misure particolari, cioè consentire al possessore di un’opera d’arte di mantenere riservato il proprio nome al pubblico, facendolo conoscere solo al gestore pubblico del catalogo.