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UNA STORIA D’AMORE TEMPESTOSA

Può sembrare artificioso accostare Roma, la città eterna, e l'Armenia, il paese dell'Ararat, lontane tra loro molte migliaia di chilometri. Ponendosi tuttavia in una prospettiva storica, tra questi due poli di cultura si evidenzia un’ attrazione reciproca, che dura da più di duemila anni.
Il loro primo incontro fu naturalmente bellicoso; nel corso del I sec. a. C. Roma, che si andava espandendo in Asia, finì per scontrarsi con il regno d'Armenia, allora governato dal più celebre dei suoi sovrani, Tigrane il Grande. Pompeo lo vinse ma riservandogli tutti gli onori, e guardandosi bene dal mutilare il suo territorio storico. Solo molto tempo dopo, alla fine del IV secolo d.C., l'Impero romano e il regno di Persia si spartirono l'Armenia, segnando la fine della dinastia Arsacide il cui fondatore nel 66 d.C. era andato fino a Roma per ricevere la corona reale dalle mani di cerone. Prima della spartizione del regno, all'inizio del IV secolo, la dinastia arsacide aveva imposto il cristianesimo così come fece, qualche decennio più tardi e rinsaldando i rapporti reciproci, anche l'Impero romano. Dopo che gli armeni ebbero rifiutato le conclusioni del Concilio di Calcedonio (451) sulla natura di Cristo, le "vie del cristianesimo" finirono per divergere, ma questa posizione "eretica" non ebbe grandi conseguenze sui rapporti con la lontana Roma. Le ebbe invece con Costantinopoli, la "nuova Roma", capitale dell'Impero romano d'Oriente: gli Armeni, privi di uno Stato dal V al IX secolo, ebbero un ruolo fondamentale, furono infatti presenti negli organi di governo fino al trono imperiale e formavano una popolazione di frontiera in prima linea davanti al califfato arabo. A quell'epoca in Occidente il peso di Roma si riduceva al ruolo del papato, che mantenne stretti rapporti sia con i catholicos (i patriarchi supremi) che con i sovrani armeni quando, tra IX e XI secolo, si ricostituirono dei regni autonomi.
Dopo che questi regni vennero riassorbiti nell'Impero romano d'Oriente, e dopo le prime invasioni turche, nel XII secolo, le relazioni tra gli Armeni e il mondo latino vennero rinvigorite dai catholicos ecumenici della dinastia Pahlavuni. Crearono circostanze favorevoli anche le crociate, stabilendo un contatto diretto tra le signorie armene della Cilicia, nel Mediterraneo nord-orientale, e il mondo occidentale che aveva fondato in Siria diversi "Stati latini". furono rapporti resi sovente tempestosi dagli inevitabili conflitti politici, religiosi o dinastici, ma gli interessi comuni che univano le due parti portarono, nel 1198, alla creazione di un nuovo regno armeno, stavolta "al di fuori dell'Armenia" e sotto l'egida comune del papato e del Sacro Romano Impero, erede dell'Impero romano d'Occidente, L aprirsi dei confini geografici riavvicinò clamorosamente Armeni e Occidente, moltiplicando gli scambi in ogni campo, dal dialogo religioso con il papato romano e poi avignonese, alle successive relazioni diplomatiche con gli Stati europei, agli intensi rapporti commerciali con le città marinare italiane, a iniziare con Genova e Venezia per seguitare con Pisa, Firenze, Amalfi, Messina. Le inevitabili ripercussioni culturali consolidarono irrevocabilmente quell'osmosi armeno-italiana" ancora così evidente in molte città italiane, che hanno santi protettori o sicuramente armeni, come san Simeone a Mantova, o considerati tali da solide tradizioni, come san Miniato a Firenze. In molti dei loro scritti autori quali Leonardo da Vinci, Boccaccio o Burchiello dimostrano che nel tardo Medioevo la "presenza armena" faceva parte integrante del paesaggio italiano.
A partire dal XIII secolo, missioni francescane e domenicane iniziarono a penetrare e a istallare qualche loro bastione nel mondo armeno, allo scopo di convertire al cattolicesimo questi cristiani "eretici". In senso inverso, nel periodo di decadenza che precedette la caduta dell'ultimo regno armeno (1375)), fu logicamente verso l'Italia che emigrarono intere comunità armene, monastiche ma anche laiche (soprattutto di commercianti), allargando il nucleo armeno già costituitesi a seguito della riconquista bizantina della penisola. Dopo il XV secolo, quando l'Armenia venne spartita tra l'Impero ottomano e la Persia e fu sconvolta dai loro scontri continui, l'Italia divenne il faro della cultura armena occidentale. I monaci detti "basiliani" si stabilirono in molti luoghi, e la loro organizzazione venne riconosciuta dal papato, mentre commercianti armeni si installavano nelle città importanti e sulle grandi vie di comunicazione. La migliore testimonianza della loro presenza restano le meravigliose miniature, notevole sintesi di apporti occidentali e tradizione originaria, realizzate a partire dal XIII secolo da artisti armeni in varie città italiane, in particolare a Roma ma anche a Genova e soprattutto a Venezia; in questa città, vero "bastione armeno" in Italia, all'inizio del XVI secolo fu stampato il primo libro in lingua armena. In seguito alcune grandi famiglie armene, provenienti dall'impero ottomano o da Isfahan in Persia, vennero a stabilirsi a Livorno. Ovunque la loro attività mercantile e culturale si rivelò vantaggiosa all'economia locale, e venne quindi incoraggiata dai dogi veneziani come dai granduchi di Toscana o dai Savoia, futuri re di Sardegna e poi d'Italia, i quali avevano ereditato il titolo di re d'Armenia.
Logicamente, fu a Venezia che all'inizio del XVIII secolo s'installò la congregazione dei Mechitaristi, perseguitata in Asia Minore -per aver aderito al cattolicesimo. Da quasi tre secoli V isola di San Lazzaro, vicino al Lido di Venezia, ha assunto il ruolo di capitale culturale armena, difendendo e promuovendo una cultura che sopravviveva con sempre maggiore difficoltà nell' Impero ottomano in decadenza, fino ad esserne cancellata dal genocidio del 1915. I sopravissuti al massacro pianificato dalle autorità turche si andarono a rifugiate in arancia o in Stati Uniti per motivi essenzialmente economici: se la presenza armena nell'Italia odierna è incomparabilmente minore che in questi Paesi, non va dimenticato che tanto storicamente che culturalmente, l'Italia è in larga misura il Paese europeo che avuto maggiori rapporti con V Armenia.
Scopo di questa esposizione è proprio dimostrare quanto nel corso dei secoli siano stati forti e continui i legami italo-armeni, seguendo un itinerario talmente ricco da coprire praticamente V intera storia dell'Armenia attraverso manoscritti, miniature, monete, documenti, sculture, oggetti di culto. Il Salone Sistino del Vaticano le offriva un quadro ideale, in particolare grazie ai ricchi patrimoni della biblioteca Apostolica e dell'Archivio Segreto: in quest'occasione saranno esposti per la prima volta alcuni documenti eccezionali posseduti da queste istituzioni, come le quattro lettere del re armeno Leone I a papa Innocenze III, risalenti all'inizio del XIII secolo e uniche al mondo a riportare ancora il sigillo reale in oro, oppure la professione di fede del catholicos Costantino i, di suo pugno, il più antico documento armeno che si conosca. Gli altri oggetti esposti provengono soprattutto dall'Italia o dall'Armenia, e completano l'evocazione di uno tra i legami più antichi e più fruttuosi che siano esistiti tra due popoli nel corso della storia.