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Lunedì 13 Settembre 2004

La scrittrice, finalista al Premio Campiello, presentata da Paola Azzolini alla festa de l´Unità Arslan: Così è nata «La masseria»

«Tutto è venuto fuori come da un pozzo profondo: personaggi, fatti»

Fu il primo grande genocidio della storia del ventesimo secolo. Un milione e mezzo di vittime su una popolazione di due milioni di individui. Un genocidio che la storia sembra aver cancellato. Quello del popolo armeno. Solo la memoria dei sopravvissuti, e qualche foto sbiadita, ci parlano di questa grande tragedia, la cui ricostruzione si deve ai pochi che caparbiamente, nella storia passata, cercano le proprie radici. Antonia Arslan ( nella foto ) è tra loro. Delle sue lontane origini armene ha fatto motivo di ricerca e di studio. Prima con saggi e raccolte di testimonianze. Ed ora con il suo primo romanzo, "La masseria delle allodole" (Rizzoli editore), finalista al Premio Campiello. Un libro, in parte autobiografico, che narra le vicende di una famiglia armena. E, attraverso di essa, il grande dramma del genocidio di un intero popolo, durante la prima guerra mondiale.
Il libro è stato presentato dalla Libreria Rinascita nell'ambito della Festa provinciale de L'Unità. Oltre alla Arslan sono intervenute la giornalista Paola Azzolini, che con l'autrice ha consuetudine di amicizia e di studi, e Franca Rizzi della direzione provinciale Ds. "Un libro ingombrante- lo ha definito la Rizzi-,Di quelli che disturbano, perché mettono di fronte a drammi volutamente dimenticati".
La storia è quella della famiglia dell'autrice. Il nonno, luminare dell'università di Padova. I suoi due figli, di cui il maggiore padre dell'autrice, impegnati a cancellare la loro identità armena. Il bisnonno, le sue due mogli, le zie, la loro tranquilla vita in Anatolia. E poi la tragedia, il genocidio, la diaspora. Il senso di colpa dei sopravvissuti. E infine il silenzio.
"La spinta a scrivere questo romanzo è nata dall'idea di ritrovare un'identità perduta-ha dichiarato la Arslan sollecitata dalle domande della Azzolini-. Tutto è venuto fuori come da un pozzo profondo. Personaggi, fatti, avvenimenti della vita familiare".
E qui l'autrice ha ripercorso le tappe storiche del tragico evento. A partire dal lontano 1908, con la crisi dell'impero ottomano e la presa di potere dei giovani militari, atei, decisi ad eliminare tutte le minoranze, non per odio religioso, ma etnico. Il genocidio avviene in una forma del tutto peculiare. Dapprima, nel gennaio del 1915, tutti i soldati armeni vengono disarmati. Poi le classi dirigenti imprigionate. Infine l'ordine di uccidere tutti gli uomini e di deportare donne e bambini. Una deportazione durissima a cui pochi sopravvivono. La tragedia riempie le pagine di tutti i giornali. Fino al 1918. Poi, come per un tacito accordo, su questi eventi cade il silenzio. Un'ipocrisia diplomatica, l'ha definita Azzolini, che ha permesso alla Turchia di ricomparire sulla scena internazionale come nulla fosse accaduto.
Il libro non lascia indifferenti, ha proseguito, non solo perché si parla di genocidio, ma anche perché, dalla prima all'ultima pagina, è intriso di "pietas". Una compassione che ci coinvolge e ci rende partecipi. Nel romanzo, ha concluso, compaiono figure femminili di grande determinazione, capaci di sacrifici estremi. Ad esse è affidata la speranza.
Delia Allegretti

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