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XX SECOLO: Genocidio - Genocidi

Il primo genocidio moderno: il massacro degli Armeni in Turchia
(1915)

Il termine genocidio è stato coniato nel 1944 dal giurista R. Lenkin (“ Axis Rule in Occupied Europe”, Washington, Carnegie Endowment for international Peace, 1944), consigliere del Ministro degli Esteri degli U.S.A e successivamente fatto proprio dalla Convenzione dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite. La formulazione di questo concetto, all’interno del Diritto Internazionale, permette di sottrarre la materia all’arbitrio dei singoli stati. Esso implica: un elemento materiale ( uno o più atti criminali), un elemento morale (intenzione di distruggere una parte o tutto un gruppo in quanto tale), un destinatario particolare ( un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso). In questa definizione si mette in risalto non tanto la volontà omicida in sé, quanto quella di eliminare una cultura “ diversa” .

Se è vero che l’unità di lingua, religione, tradizioni e cultura sono elementi essenziali per la definizione di una nazione, com’è stato a lungo sostenuto, allora il popolo armeno può essere considerato una nazione più a buon diritto di molte delle più antiche nazioni europee. L’unità linguistica, culturale e religiosa degli armeni ( la cui Chiesa si scrisse nel 491 dal cattolicesimo, rifiutando di aderire al dogma della duplice natura del Cristo) è rimasta intatta attraverso i secoli di dominazione straniera la vicenda del popolo armeno può essere vista come un intreccio tra la storia di molti altri popoli della regione soggetti ad oppressione straniera e la peculiare storia del popolo ebraico. Con tante altre nazioni oppresse gli armeni hanno in comune la perdurante permanenza della maggioranza del proprio popolo su un territorio del quale costituiscono la popolazione predominante, e una forte tradizione di indipendentismo politico. Con gli ebrei hanno in comune la diaspora di una parte consistente del loro popolo, e il suo inserimento nelle economie di molti paesi come commercianti, figura isolate e per certi aspetti emarginate, ma tutt’altro che prive di ricchezze e di potere; agli ebrei li accomuna anche un passato di persecuzioni. La storia moderna del nazionalismo armeno ha inizio intorno alla metà dell’Ottocento. Nella parte del paese sottoposta a dominio ottomano vi furono rivolte di massa, represse sanguinosamente, ma che servirono se non altro a far conoscere agli paesi il nazionalismo armeno.

Negli anni successivi nascevano numerosi gruppi e partiti, influenzati in parte dal nazionalismo europeo ( tra questi, di gran lunga i più influenti erano Dashnak, un’organizzazione segreta che si potrebbe per alcuni versi paragonare ai movimenti mazziniani) e in parte ai gruppi e movimenti socialisti che contemporaneamente sorgevano nell’impero zarista. Intensa era la circolazione di uomini e idee tra le due parti della terra armena, divise dal confine tra l’impero ottomano e quello russo: gli armeni sottoposti al dominio zarista godevano ( se non altro per la comune fede cristiana ) di una situazione comunque meno oppressiva, per cui molti erano coloro che dall’area soggetta ai turchi si trasferivano in quella dominata dalla Russia. Nel 1878 la pace di Santo Stefano, che poneva termine alla guerra russo- turca, prevedeva tra le sue clausole la libertà per gli armeni di Turchia: in sede diplomatica l’impero russo divenne l loro difensore ufficiale, probabilmente nell’interno di annettersi l’intero paese armeno una volta ottenutane la separazione dall’impero ottomano.

A partire dal 1895 si verificavano i primi pogrom, voluti dal vertice dell’impero ottomano ( pare provata la diretta responsabilità del sultano) ed attuati soprattutto dai curdi, altro gruppo etnico della regione, storicamente ostile agli armeni Nel 1896 un’imponente azione terroristica dei Dashnak, l’assalto alla banca ottomana, serviva come pretesto per una nuova ondata di pogrom: era cominciata la spirale “massacri da parte dei turchi, reazione terroristica degli armeni”, spirale che avrebbe portato ancora ad altre stragi. Con il mutamento al vertice di Istanbul, in seguito alla rivolta dei “Giovani Turchi” sembrava che il periodo dei grandi pogrom fosse finito e che potesse avere inizio, per gli armeni sotto dominio turco, una fase di convivenza relativamente pacifica. Fu la guerra mondiale a mutare radicalmente e bruscamente il quadro, e a trasformare quella che era stata una serie di pogrom locali e sporadici in uno sterminio pianificato e sistematico. Con l’ingresso in guerra dell’impero ottomano al fianco della potenza centrali, l’Armenia diveniva un’area “calda” dal punto di vista militare, tanto più che l’impero zarista non nascondeva la propria intenzione di annettersi l’intero territorio armeno, come parte di quella spartizione dell’impero ottomano che era uno degli obiettivi delle potenze dell’intesa. L’ondata di nazionalismo esasperato che in Turchia accompagnò l’entrata in guerra si impadronì anche dei “giovani turchi” .

Lo sterminio degli armeni ebbe inizio nei giorni immediatamente successivi alla vittoria turca di Sakiramisch: il timore di ulteriori avanzate russe, e di un possibile passaggio in massa degli armeni, al loro fianco, si congiunse con gli antichi pregiudizi determinando la decisione del governo turco di sterminare l’intera popolazione armena. La città armena di Van fu circondata dalle truppe turche, col pretesto di impedire una rivolta, segui un’insurrezione della popolazione conclusasi con l’arrivo in città dell’esercito russo vittorioso. La “rivolta” di Van fu il pretesto finale per il massacro. In tutta l’armenia rimasta sotto il dominio turco si procedé, dapprima, alla deportazione dei maschi adulti, chiamati a prestare servizio militare e poi passati per le armi; ebbe poi inizio una violenza razzia nei villaggi, colpendo indiscriminatamente tutta la popolazione; infine i superstiti furono costretti ad una terribile marcia verso il deserto di Deir Zor, durante la quale moltissimi persero la vita.

Circa tre anni dopo, approfittando della crisi contemporanea dell’impero ottomano e della Russia sovietica, gli armeni sarebbero riusciti, per la prima volta in quasi un millennio, a costruire un proprio stato indipendente, la repubblica armena, riconosciuta anche dal trattato di Sèvres del gennaio 1920 turchi e russi avrebbero proceduto ad una nuova spartizione. Il fatto che gli armeni dell’unione sovietica abbiano goduto da allora di autonomia (il nuovo stato socialista proseguiva in questo la politica di amicizia e benevolenza che era stata tipica dello varismo) non ha risolto la questione nazionale armena: essa resta una delle più complesse e spinose di quell’area.

P. Ortoleva, M. Revelli, Storia dell’Età Contemporanea, Ed scolastiche Bruno Mondadori ( per gentile concessione)